Covid, la nuova emergenza è psicologica: a rischio operatori sanitari e cittadini

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BUSTO ARSIZIO – «Siamo passati da un estremo all’altro. L’emergenza ci espone tutti a profondi cambiamenti e andrà avanti a lungo, non sappiamo quanto. Le strutture per affrontarla sul territorio non mancano, ma dobbiamo fare una riflessione più ampia. E trovare dentro di noi i giusti compromessi di buon vivere». Parola di Federica Gentile, psicoterapeuta e psicologa di Busto Arsizio, che opera dall’inizio dell’emergenza con il gruppo formato dall’Università Bicocca, che con Medicina Democratica ha dato vita a un progetto di sostegno al personale sanitario e a uno sportello per i cittadini, su base volontaria e sostenuto dal ministero della Salute.

Gentile ha pertanto un punto di osservazione privilegiato sulle problematiche di natura psicologica causate dall’emergenza. «Ci siamo avvicinati al Covid – racconta – con grandi incertezze, l’allontanamento dai propri cari e dalle relazioni sociali, costretti in ospedale o negli spazi domestici. È un’esperienza traumatica e in questi casi le persone reagiscono in maniera soggettiva, diversa, sulla base della propria struttura di personalità, risorse, esperienze di vita. Il Covid non ha risparmiato nessuno, esasperando la distanza tra chi ha una casa confortevole, un lavoro sicuro, un aiuto per i propri figli e chi invece vive in estrema povertà e precarietà».

Gentile: «Esperienza traumatica che durerà a lungo»

Il trauma, avverte Gentile, non è finito. «Ora c’è la percezione di trovarsi in una situazione normale ma il virus circola ancora, non c’è terapia e non ancora il vaccino, permane l’incertezza. Dal “tutti a casa” siamo passati al “tutti fuori”, con un cambiamento nei modi di pensare e di agire molto polarizzato da una parte e dall’altra. Per fare cose che dovrebbero esserci naturali, dobbiamo interporre un pensiero più razionale di controllo delle nostre azioni che ci blocca e le rende innaturali. E poi dobbiamo prendere continuamente decisioni importanti, dal lavoro alla scuola, dai rapporti con i familiari più anziani alle relazioni sociali, senza avere riferimenti nel nostro passato: nessuno ha vissuto una pandemia prima d’ora, quindi non possiamo trovare risposte nella memoria collettiva. Il nostro benessere passa attraverso la salute fisica ma anche una parte emotiva e psicologica, che non può essere trascurata così a lungo». Senza contare che sull’isolamento sociale esistono assai poche ricerche scientifiche, data la sua eccezionalità.

«Particolare attenzione per anziani e bambini»

La prospettiva si sposta sul da farsi. A partire dalle categorie più fragili: bambini e anziani. «Per le RSA – sottolinea la dottoressa Gentile – è il momento di trovare nuove soluzioni, aprendo un dibattito serio, posato e strutturale sui temi sociali del buon funzionamento e del buon vivere. E non possiamo dimenticarci dei bambini, dei loro aspetti emotivi, delle relazioni di cui hanno bisogno per crescere equilibrati. Ne sento parlare molto poco, invece dovremmo pensare al loro rientro a scuola non solo in termini di focolai della malattia, ma anche di gestione emotiva del ritorno alla socialità. Forse serve un sostegno a insegnanti ed educatori per fornire strumenti che li aiutino». Strumenti che sono già a disposizione per altri. «Sugli operatori sanitari l’emergenza ha lasciato un segno fortissimo, con conseguenze che emergeranno nei prossimi mesi. Si sono trovati ad affrontare ritmi di lavoro estenuanti, in condizioni fisiche estreme, con tute indossate per ore che non davano la possibilità di bere, mangiare, urinare o prendere una boccata d’aria, oltre a vivere lutti e sofferenze e a vedere stravolta la loro vita privata, stando spesso a distanza dai familiari. Hanno dovuto prendere decisioni importanti, gestire la vita e la morte delle persone con una intensità nuova. Alcuni hanno incubi, risvegli notturni, pensieri cupi e molto angoscianti come quello di infettare altre persone, compresi i propri cari. Non è pensabile lasciarli soli né ributtarli nella “fossa dei leoni”, senza fare prima un pensiero più strutturato. Per loro c’è un numero di telefono, 02 64484901, a cui chiedere supporto piscologico».

E poi ci sono le persone comuni. «Credo sia importante da parte dei cittadini non ignorare i segnali di malessere o di affaticamento, parlarne e confrontarsi, come si faceva sui balconi, creare un senso di comunità. L’epidemia ha fatto esplodere questioni già critiche come il lavoro, il lavoro da remoto, la gestione dei figli, certe dinamiche familiari, gli spazi della scuola, la gestione della sanità. È fondamentale – conclude Gentile – manifestare quello che abbiamo visto e poter partire dai fatti di cui siamo stati testimoni per mettere in campo strategie di cambiamento su vari fronti, sociale, economico e appunto psicologico».

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