Dalla Cassazione stop all’alienazione parentale. Il caso di Legnano

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LEGNANO – Lo scorso 19 maggio la prima sezione civile della Corte di Cassazione presieduta dal giudice Francesco Antonio Genovese (relatore giudice Rosario Caiazzo) ha pronunciato una sentenza definita storica dagli addetti ai lavori in merito alla alienazione parentale, già sconfessata da due precedenti pronunciamenti della Suprema Corte, nel 2013 e nel 2019. In pratica, i giudici hanno affermato che anche in presenza di condotte genitoriali discutibili, si devono prendere in considerazione interventi alternativi all’allontanamento dei minori dalla famiglia, ad esempio percorsi di recupero della capacità genitoriale, valorizzando il «positivo rapporto di accudimento» dei genitori nei confronti dei figli. Sulla base di questo principio, la Cassazione ha annullato l’affido esclusivo di una bambina di 6 anni al padre, deciso dalla Corte D’Appello di Venezia nel dicembre 2019.

A Legnano una neonata è stata portata via dalla madre quando entrambe erano ancora in ospedale a seguito di un provvedimento dei servizi sociali del Comune perché la cognata del marito, interrogata dalle operatrici della società Sole, che gestisce in appalto la tutela dei minori, aveva rivelato che alcuni anni prima la madre aveva avuto disturbi psichiatrici. Il Pm del tribunale per i minorenni ha subito avviato il procedimento per l’adottabilità.
Sottoposta dopo molti giorni all’esame del servizio psichiatrico, la madre è stata giudicata in buone condizioni psichiche.
È solo emerso che 6 anni prima aveva subìto crisi di ansia che aveva superato assumendo farmaci per due settimane. Il referto specialistico non è servito perché le operatrici hanno proseguito ad inviare al tribunale per i minorenni rapporti negativi, che, a mio giudizio, erano fondati su circostanze irrilevanti e sull’incomprensione delle differenze culturali di una famiglia di immigrati albanesi.
Il tribunale dei minori ha dichiarato l’adottabilità della bambina, che ora ha circa 3 anni e che ha potuto stare con la madre solo per poche ore e in condizioni di stretta e assillante sorveglianza.
Entro breve tempo la Corte di Appello di Milano deciderà sull’impugnazione della sentenza di adottabilità. In caso di conferma la questione sarà sottoposta alla Cassazione, che, in conformità con la giurisprudenza comunitaria, ha più volte affermato princìpi che in questo caso sono stati sino ad ora disattesi. È comunque evidente che se venisse affermato il diritto della bambina a crescere nella sua famiglia naturale, sarebbe necessario adottare tutte le cautele del caso perché la piccola è cresciuta riconoscendo come genitori le persone alle quali è stata affidata.
Sarà necessario proseguire nell’affido e nel contempo ripristinare per quanto possibile i rapporti con i veri genitori. Se verrà confermata l’adottabilità si interromperanno definitivamente i rapporti tra i veri genitori e la loro figlia. Purtroppo la società Sole ha privilegiato l’attività investigativa e di controllo a quella di sostegno familiare.
Il Comune sopporta costi enormi per gli affidi dei minori e per le attività connesse che in molti casi potrebbero essere sostituite da quelle molto meno costose del sostegno psicologico, culturale ed anche economico. Occorre un controllo anche di merito dell’operato sui minori della società Sole affinché simili tragedie non si ripetano.
Avv. Franco Brumana
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