Dante e Giotto, che felice congiunzione di astri nel firmamento delle arti

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Una felice congiunzione di astri nel firmamento delle arti si ebbe nei primi decenni del Trecento. È l’incontro tra Dante, il divino Poeta, e Giotto, il “miglior dipintor del mondo” (Boccaccio).

Nel Canto XI del Purgatorio, a proposito della superbia artistica, Dante fa dire al miniatore Oderisi di Gubbio importanti parole riguardanti l’arte e la poesia, al fine di far comprendere quanto la fama mondana sia effimera in campo artistico: “Credette Cimabue nella pittura / tener lo campo, e ora ha Giotto il grido, / sì che la fama di colui è scura: / così ha tolto l’uno a l’altro Guido / la gloria de la lingua; e forse è nato / chi l’uno e l’altro caccerà del nido.”

Parole rivelatrici nell’opera di Giotto di una valenza innovativa volta a superare la pittura del suo maestro. Valenza che Dante, in filigrana, pare assegnare alla sua Commedia, che sorpassa il Dolce Stilnovo di Guido Cavalcanti, il quale a sua volta ha tolto all’altro Guido (Guinizelli) la gloria della lingua.

Il Maestro del nuovo “naturalismo” sembra ricambiare la lode ritraendo il Poeta (con il caratteristico gibbo nasale meno
pronunciato del solito) nell’affresco visibile nella Cappella del Podestà del Bargello (nella foto), ultima opera fiorentina iniziata da Giotto e portata a termine dalla sua bottega.

Fabrizio Rovesti
presidente Aal-Associazione artistica legnanese

Quell’immenso patrimonio culturale della poesia di Dante

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