Candidati sindaci: il nuovo che indietreggia

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Per guardare al futuro bisogna rivolgersi al passato. E’ una delle centomila frasi fatte che ci capita di sentire, modi di dire che nascondono quasi sempre una verità. Un esempio? Il ritorno sulla scena di sindaci che hanno ricoperto l’incarico di primo cittadino nel recente passato, riproposti più o meno con convinzione, a volte solo per fare ‘ammuina, e, in alcuni casi, auto ripropostisi per le prossime amministrative. Capita in diverse città, sia capoluoghi di regione sia centri minori, ma non per questo meno significativi sotto il profilo politico.

Mancano ancora parecchi mesi all’apertura delle urne: da qui a ottobre possono cambiare molte cose, cominciando appunto dai nomi dei candidati. Ma sentire o leggere che a Milano, per dirne una, rispunta Gabriele Albertini, bè, qualche riflessione sullo stato attuale della platea politica meneghina va fatta. Succede la stessa cosa a Napoli con Antonio Bassolino. O, per arrivare a noi, con Gianfranco Tosi e Gigi Farioli a Busto Arsizio e Nicola Mucci a Gallarate. Sempre gli stessi, includendo nell’elenco Roberto Maroni a Varese, politico di prestigio per il suo passato di ministro in diversi governi e per essere stato presidente della Lombardia. Mica pizza e fichi, ma comunque non uno di primo pelo. Certo, se guardiamo a Nusco, dove l’ultranovantenne Ciriaco de Mita è stato rieletto primo cittadino o, per restare dalle stesse parti, a Benevento con l’immarcescibile Clemente Mastella, tutto pare rientrare nella normalità.

Se non altro sono tutte persone d’esperienza, attorno alle quali è difficile eccepire. Tanto più che alcuni di loro hanno lasciato segni importanti, specialmente come sindaci. Tosi e Mucci, in particolare, hanno inciso parecchio nella sostanza e nell’immagine delle loro rispettive città. Erano però altri tempi, prima delle crisi economica e sanitaria, quando i danèe correvano copiosi e si poteva fare debito.

Detto questo, ripetiamo: qualche riflessione va fatta. Se per trovare candidati spendibili bisogna rivolgersi al passato, significa che in questi anni i partiti non hanno saputo o non hanno voluto far crescere qualcuno. Sappiamo come vanno certe vicende dentro le “botteghe” della politica. E sappiamo pure qual è l’involuzione culturale e di competenze di coloro i quali la frequentano. A Roma c’è finito di tutto. E nei consigli comunali troviamo a volte personaggi che fanno fatica ad amministrare persino casa propria. Le seconde, se non le terze fila, un tempo impiegate per attaccare i manifesti elettorali, oggi pronte ad impancarsi nelle sede istituzionali, senza averne titolo.

Non basta. Se lo scenario è questo, significa che la cosiddetta società civile, la tanto decantata società civile, si fa i fatti suoi. Professionisti, imprenditori, uomini e donne di cultura, personaggi che in altri ambiti fanno faville, sono in fuga dalla politica. Discorso che ci porterebbe lontano nel cercare motivazioni ma che, sintetizzando, pone in luce una disaffezione clamorosa rispetto alla gestione pubblica. Per un altro verso potremmo invece pensare che essere troppo perspicaci non incontra i favori di certi ras dei municipi. Così dominano coloro che Rino Formica definiva impietosamente “nani e ballerine”. E per trovare qualcuno di valore, disposto a rimboccarsi le maniche per la collettività, non resta che voltarsi indietro. Si tratta di un esercizio che apre appunto alle più disparate considerazioni, persino le più sconsolanti . Una volta si diceva: è il nuovo che avanza. Ma forse non c’è nulla di più nuovo che il passato che ritorna. Soprattutto in politica, quando il nuovo indietreggia.

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