Dietro le quinte dello scontro tra Fontana e Cassani

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Palazzo Borghi e Palazzo Lombardia: è scontro

Dicono che lo scontro tra Attilio Fontana, presidente della Regione, e Andrea Cassani, sindaco di Gallarate nonché segretario provinciale della Lega, per i ritardi nella realizzazione del nuovo ospedale trovi motivazioni nella formazione della giunta regionale. Dicono, ma forse è qualcosa di più di una semplice diceria.

Per il futuro nosocomio in condominio tra Gallarate e Busto Arsizio oramai si può scrivere un’enciclopedia. Se ne parla da molti anni, quindici, venti, forse di più. L’iter istituzionale per la sua costruzione è però cominciato circa otto anni fa, governatore a Palazzo Lombardia era Roberto Maroni. Cassani ha giustamente posto l’accento sulla tempistica di procedure che, a suo dire e non solo, arrancano nei gineprai burocratici e nelle lentezze di un ente, la Regione, che non dà l’impressione di essere sul pezzo. Fa e non fa, spiega e si nasconde, mentre le attuali strutture sanitarie bustocca e gallaratese vanno via via perdendo pezzi e, quindi, affidabilità. Una dismissione di personale, reparti e servizi provocata dal progetto di un ospedale nuovo che arriverà, quando arriverà. Cassani ha “toccato il tempo” a Fontana e, Fontana, ha preso cappello per l’intemerata che giudica inopportuna e, addirittura, infondata.

Sulla specifica questione non abbiamo timore a schierarci con Cassani, benché anche la politica di Gallarate abbia colpe sull’addensarsi di nebbie che finiscono per ingarbugliare l’intera vicenda. Una politica che fa il paio con quella di Busto Arsizio: tutti chiedono, propongono, criticano, urlano, incitano, accusano, avvelenano i pozzi come non ci fosse un domani. Con l’obiettivo di ottenere il consenso delle tante sciure Marie e dei tanti sciur Giuàn che vorrebbero l’ospedale sotto casa, ignorando le vere esigenze di una sanità al passo con i tempi, funzionale a garantire, oltre che le cure essenziali, le eccellenze.

Detto questo proviamo a sfruculiare dentro i sussurri e le grida che ammantano lo scontro tra i due importanti esponenti leghisti. Per farla breve, Cassani sarebbe irritato dal fatto che Fontana, nel momento della formazione del suo esecutivo regionale, abbia disatteso le aspettative della Lega varesina per privilegiare esponenti della Lista Civica che porta il suo nome. A pagare pegno sarebbe stato Emanuele Monti, il più votato del gruppo leghista, per il quale il Carroccio provinciale avrebbe richiesto un assessorato. Una promozione meritata per il gran lavoro svolto dall’ex presidente della commissione Sanità nella scorsa legislatura e per l’ottimo risultato ottenuto alle urne. Con Monti assessore, in consiglio regionale sarebbe rientrata Francesca Brianza, esclusa dall’assemblea del Pirellone per il gioco dei resti nonostante abbia raccolto una messe di consensi il 12 e il 13 febbraio. Con il recupero della Brianza, la Lega della provincia, caratterizzata da parecchi mal di pancia proprio per la bocciatura dell’ex sindaca di Venegone Superiore, avrebbe potuto avviarsi a una normalizzazione a cui Cassani sta lavorando dal giorno della sua elezione a segretario.

Ora, che cosa c’entra l’ospedale unico nelle questioni interne del partito di Salvini? Tutto e niente. Tutto, perché l’arrabbiatura di Cassani emerge indirettamente dalla pesantissima presa di posizione contro la Regione. Dichiarazioni al vetriolo che in altri momenti, il sindaco si sarebbe ben guardato dal fare, cercando al contrario di giustificare il traccheggio di Palazzo Lombardia sul progetto del nosocomio. Niente, perché alla fine della fiera, il pallino rimane nelle mani di Attilio Fontana, che dal suo scranno presidenziale può fare il bello e il cattivo tempo. Nella speranza che prevalga, come ha spesso ripetuto nelle interviste di questi giorni, il senso di responsabilità e si dia e dia una mossa a un progetto troppo importante per essere immolato sull’altare delle beghe interne di un partito.

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