Diktat di Salvini per il candidato di Luino. Sale la tensione con i Fratelli

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LUINO – Lega, Fratelli e coltelli. E il fendente più duro lo tira direttamente Matteo Salvini da Roma. Dove lo strappo politico della Lega, nel centrodestra luinese, ha tenuto banco in un confronto con Giorgia Meloni. E dove il leader del Carroccio avrebbe benedetto la candidatura del leghista Alessandro Casali, in barba all’accordo politico raggiunto sul tavolo provinciale, rafforzando da un lato la possibilità di una corsa solitaria della Lega (a Luino) e dall’altro congelando la contromossa che il sindaco Andrea Pellicini (Fratelli d’Italia) aveva preparato, ma non ha ancora annunciato.

Altro che baruffa da pollaio

Nel centrodestra c’è chi per nascondere preoccupazioni e fibrillazioni ha subito indossato i panni del pompiere e definito lo strappo di Luino «la tipica baruffa da pollaio di periferia». Un’esagerazione al ribasso, visto che il caso politico è arrivato anche a Roma, dove Matteo Salvini avrebbe detto chiaro e tondo a Giorgia Meloni che il candidato sindaco sarà il leghista Alessandro Casali e che sulle sponde del Verbano il Carroccio non ha alcuna intenzione di fare un passo indietro. Insomma, una prova muscolare che per Fratelli d’Italia (e anche per Forza Italia, il cui peso politico in questo momento suggerisce di stare “allineata”) non si può leggere come un “prendere o lasciare”.

La mossa del cavallo

Prima della decisa indicazione romana di Salvini, lo strappo leghista aveva fatto imbufalire (e non poco) l’attuale sindaco di Luino Andrea Pellicini. Il quale è anche coordinatore provinciale di Fratelli d’Italia e dalla sera al mattino si è trovato non solo alle prese con un’accordo politico di coalizione diventato carta straccia ma anche di fronte alla scelta di come muoversi.

Dopo 48 ore di riflessioni, Pellicini ha deciso di non accordarsi alla decisione del suo vicesindaco leghista e giocare fino in fondo la partita. Archiviato il candidato civico Lorena Casarin, il sindaco ha tirato fuori dal cilindro Franco Compagnoni: ex leghista, ma anche sfidante di Pellicini cinque anni dopo aver ricevuto (a pochi mesi dalle elezioni scorse) il benservito e ora contento di essere stato richiamato per giocare una sfida importante anche contro il suo passato.

Uno scacco al Carroccio con la mossa del Cavallo: il nome di Compagnoni ha infatti sparigliato le certezze leghiste che, per essere rafforzate, hanno avuto bisogno del “così è se vi pare” di Matteo Salvini. Un’indicazione che sembrerebbe aver dilatato i tempi dell’annuncio della decisione definitiva di Fratelli d’Italia, che a questo punto potrebbe anche abbassare la testa e giocare la partita per Casali.

Lega, Fratelli, coltelli

Lo strappo di Luino e il caso Origgio, ma anche le stilettate più o meno velate lanciate a Fagnano da Daniela Santanché («Noi abbiamo un leader preparato, altri un leader che fa supercazzole») e dallo stesso Pellicini, non direttamente verso il Carroccio, bensì contro Lombardia Ideale (che resta ed è vista come una creazione della Lega) sembrano essere i classici tre indizi che fanno una prova, ovvero tra la Lega e i Fratelli iniziano a volare gli stracci e i coltelli.

E se c’è chi ha paragonato questi screzi a tipiche baruffe da pollaio, ben lontane dal mettere in discussione la Trimurti del centrodestra, è chiaro però che, con di mezzo Matteo Salvini e Giorgia Meloni, non sono più “i polli” a litigare, ma i galli. E, come ben si sa, non ce ne possono stare due in un pollaio.

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