Donne al potere, conquista di civiltà

bottini donne potere
Elly Schlein e Giorgia Meloni

di Gian Franco Bottini

“Quella delle donne è una festa finita!” affermava sconsolato un noto pizzaiolo ricordando i robusti assalti del popolo femminile, al suo locale , negli 8 marzo di un po’ di anni fa. “Neanche la mimosa sembra crederci più!” è stata la sua considerazione finale. Ci spiace per lui ma, a nostro avviso, questa è veramente una buona notizia. A noi  piace interpretarla come un passo in avanti della nostra società e delle donne in particolare, che hanno assunto la coscienza di non aver più la necessità di stucchevoli performance gastro-ludiche di massa per affermare, una sola volta all’anno, la loro identità e i loro diritti.

Del resto, parlando di casa nostra, l’osservazione della vita quotidiana dimostra quanto detto, anche se ci corre l’obbligo di non ignorare le notizie che ci vengono da diverse parti del mondo che raccontano tristissime storie di donne, che in alcuni casi ci riportano indietro addirittura nei secoli.

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Gian Franco Bottini

Importantissimi i ruoli oggi interpretati al femminile nel nostro Paese; nella politica, nelle arti, nelle professioni, nell’industria, nelle Istituzioni, nelle scienza, persino nei viaggi nello spazio. Si può certo  affermare che il famoso “tetto di cristallo”, di meloniana memoria, da qualche tempo è stato effettivamente rotto. Proprio dalle molte “donne di potere” dovrebbe, a nostro parere, venire promossa un’operazione di ragionato smantellamento di quelle famigerate “quote rosa” che a nostro parere hanno rallentato il processo di affrancamento del genere femminile, privilegiando la quantità a danno della qualità e facilitando la inevitabile resistenza di chi, privilegiando la mediocrità nelle scelte, ha teso a dimostrare l’inopportunità di tale crescita oltre che la conservazione del proprio potere.

Siamo solo parzialmente d’accordo con Franca Rame che affermava che “le maggiori nemiche delle donne sono le donne stesse “; certo è però che gli ulteriori passi avanti dovranno essere fatti dalle donne già “arrivate”, con il loro esempio. Dobbiamo convenire che, in materia di parità di genere, un grande passo in avanti si è avuto nel nostro Paese anche con l’avvento di una donna al “premeriato”; una donna che però , in occasione dell’ 8 marzo, non ci ha particolarmente entusiasmato. Nel suo discorso di circostanza Meloni ha inneggiato all’abilità delle donne nel saper vincere procedendo sotto traccia per poi all’ultimo piazzare lo sprint, quasi si trattasse di furbe cicliste capaci di raggiungere il successo solo sfruttando la scia altrui.

Una espressione che voleva forse essere un po’ autoironica, con un evidente riferimento a se stessa e alla più recente Schlein, ma che nel contempo poteva suonare quasi un inno a tattiche femminili più di furbizia che non di merito. Ci è sembrata una espressione poco rispettosa verso tutte le molte donne che lottano a viso aperto le loro battaglie nel lavoro e nella vita di ogni giorno. Così come non ci è piaciuta la sua asserzione che il suo prossimo obbiettivo sarà “una donna nominata Amministratrice delegata di una  società partecipata”, cosa a nostro avviso da darsi per scontata, purchè basata più sulle sue qualità e valore (come avviene frequentemente in tante aziende private), piuttosto che  sul suo genere.

Non si può certo dire che nel nostro Paese il problema della “parità” sia completamente risolto (date le sue molte facce), ma ritenere che il  momento sia favorevole ci sembra assolutamente sostenibile. Proprio perché il momento è favorevole esso è anche particolarmente delicato, perché il giusto raggiungimento delle “uguaglianze” porta con sè  l’esigenza di ridisegnare e accettare, altrettanto giustamente, quelle “diversità” (con le loro ricadute pratiche) che, alla fin fine,  sempre esisteranno fra uomini e donne; diversità di natura  biologica ma anche , con molte più complicazioni, di natura culturale e sociale.

Se l’8 marzo sta perdendo, per la delusione del nostro ristoratore, il suo interesse commerciale, potremmo sicuramente dire che la data in sé sta acquisendo, sempre di più, il significato di un punto di verifica su quanto sappiamo fare per il raggiungimento di quel civile ed indispensabile equilibrio fra “uguaglianze” e “diversità” alle quali abbiamo accennato. Una equilibrio indispensabile per una sempre più civile convivenza. Ci piace ricordare che già negli anni ‘30 dello scorso secolo si cantava “Viva le donne,…che sono le colonne dell’amor” e che oggi, senza piaggeria, potremmo aggiungere “e non solo”.

bottini donne potere – MALPENSA24