Donne: le belle parole nei cortei, la realtà che non cambia. Due storie di violenza

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MILANO – Un corteo per dire “no” alla violenza di genere e alla guerra, foto di mimose, auguri via social e whatsapp, nel giorno della festa della donna anche in Lombardia le parole e le buone intenzioni non possono cancellare l’emergenza che continua a persistere, come testimoniano i fatti. Se da un lato gli studenti milanesi, circa un migliaio, hanno sfilato per le vie del capoluogo lombardo con lo slogan “make school, not war”, a meno di dieci chilometri di distanza, in Brianza, due donne hanno pianto per la fine del loro incubo, tra le braccia di chi le ha aiutate a denunciare e cambiare vita.

La prima storia è quella di Irina, 27 enne dell’Est Europa, costretta a sposarsi con un connazionale dai suoi genitori, che per otto lunghi anni ha dovuto subire botte, minacce e stupri da suo marito, tra le mura della loro abitazione in provincia di Monza e Brianza. Ha tentato di scappare, è tornata nel suo paese e ha bussato alla porta dei suoi genitori, perché la aiutassero, ma loro gliela hanno restituita in faccia, obbligandola a tornare in Italia, dal suo aguzzino. Due figli, di cui l’ultima di quattro anni, hanno assistito alle violenze subite, in particolare l’ultima, avvenuta qualche settimana fa. Dopo aver subito l’ennesimo stupro, la donna era incinta ma il marito l’ha picchiata così forte da provocarle un aborto spontaneo.

Quanto accaduto, grazie alla segnalazione di una collega di lavoro della donna, è arrivata ai carabinieri che, sabato mattina, hanno suonato alla sua porta e lei, in lacrime, ha fatto le valigie e li ha seguiti, per poi presentare denuncia, trovando rifugio presso una struttura protetta della rete antiviolenza Arthemide. Stamattina, 8 marzo, quegli stessi militari sono andati nel centro antiviolenza con le mimose tra le braccia, per lei e le altre ospiti.

Se,mpre stamattina è finito in galera anche un altro marito orco, 55 anni, bloccato sempre dai carabinieri in provincia di Monza, a seguito di una complessa indagine e ricostruzione di diversi episodi di aggressione ai danni della compagna di poco più giovane, tra cui un feroce pestaggio avvenuto nei boschi, dove per lei le ferite dell’anima sono state accompagnate anche da due vertebre fratturate. “Sono caduta per le scale”, aveva detto la donna ai medici che l’hanno visitata, ma questi hanno fatto partire il codice rosso, dando il via agli accertamenti. Quando la stessa donna è tornata dai sanitari a dicembre, dopo aver ricevuto un pugno allo stomaco, ha trovato il coraggio di confermare le ripetute percosse e vessazioni subite. La drammaticità di questa storia sta nel fatto che la vittima si era rifugiata dal suo aguzzino dopo essere fuggita da un’altra relazione violenta dalla quale lui si era offerto di “salvarla”.

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