Franza o Spagna purché se magna

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Il sociologo Zygmunt Bauman sostiene che viviamo in una “società liquida”, dove tutto si decompone e ricompone rapidamente “in modo vacillante e incerto, fluido e volatile”. La politica è lo specchio di questa condizione, sia ai livelli alti sia negli ambiti più circoscritti, come in un’amministrazione civica. I trasformismi sono all’ordine del giorno, in spregio a qualunque coerenza ideologica o, semplicemente, di partito. Così, assessori o consiglieri comunali, che in passato hanno militato a sinistra, si ritrovano organici ad esecutivi di destra. Gli esempi sono numerosi, non riguardano una sola città o una singola assemblea civica, ma sono distribuiti ad ampio raggio.

Di sicuro i casi di Busto Arsizio sono tra i più eclatanti: due neo assessori, Maurizio Artusa e Mario Cislaghi, arrivano addirittura dai vertici locali di quello che oggi è il Partito democratico. Ne sono stati segretari cittadini; Cislaghi vanta persino trascorsi come sindacalista della Cgil. C’è da chiedersi: che ci fanno alla corte di un sindaco di Fratelli d’Italia? Qual è la ragione che spinge politici di matrice progressista ad accasarsi in una giunta che echeggia il sovranismo? Conosciamo già le risposte: “Pensiamo al bene della città, le etichette non ci interessano”. Più che un concetto, uno stereotipo reiterato per giustificare qualunque scelta, non soltanto un passaggio di casacca. La seconda motivazione: “Ci siamo candidati in una lista civica, non siamo politici”.

Col civismo si parano le chiappe i tanti che, trovando chiuse le porte nei partiti di provenienza, le trovano invece spalancate in liste autonome, definite appunto civiche. Liste che i candidati sindaci usano per aumentare i loro consensi alle elezioni, identificandole con i loro nomi nei loghi. Un modo come un altro per rafforzare il peso elettorale. Il civismo vero è un’altra cosa.

In questa girandola di riposizionamenti troviamo, a Gallarate, addirittura il neo vice sindaco, Rocco Longobardi, che soltanto un paio di anni fa chiese dai banchi dell’opposizione le dimissioni di Andrea Cassani, il primo cittadino. Oggi, rieletto nella squadra di Forza Italia, Longobardi è il numero due dell’esecutivo di centrodestra, l’assessore più vicino al sindaco che voleva “licenziare”. Mah.

Potremmo continuare a lungo nell’elenco delle situazioni quanto meno singolari da un punto di vista della coerenza politica. I casi sono numerosi: ne abbiamo scelto alcuni tra i più rappresentativi per raccontare come in politica oggi sia tutto relativo. E nessuno più guardi alla sostanza vera delle cose, piuttosto ai posti, al grido di “Franza o Spagna purché se magna”. Responsabilità da dividere però con gli elettori, che nella maggioranza dei casi appaiono di bocca buona, votano d’istinto, per simpatia, per questioni d’amicizia, per gruppi d’opinione eterodiretti. Fino al punto, come a Varese, che il più votato, anzi, super votato (686 preferenze), sia un pizzaiolo di professione, Mimmo Esposito, persona perbene che svolge un lavoro certamente dignitoso, in confronto all’ex rettore dell’Insubria, il professor Alberto Coen Porisini, o all’ex comandante dei vigili, Antonio Lotito, che mancano l’elezione in consiglio comunale. Qualcuno obietterà: è la democrazia. Vero, a patto che anch’essa non diventi “liquida” come la società.

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