ELEZIONI LEGNANO 2020 Radice: «Destra spaccona, la batteremo con l’entusiasmo»

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LEGNANOLorenzo Radice, candidato a sindaco del centrosinistra: perché, nonostante tutto quello che è successo, il centrodestra a Legnano è ancora così forte?

«Credo ci siano interessi importanti, anche legittimi, perché lo sia. E poi, quando arriva il momento del voto, la destra in generale ha la capacità di superare visioni differenti e di mettere tutti insieme per fare il cartello elettorale: cosa che a sinistra, per varie ragioni anche culturali, facciamo fatica a fare. Dopodiché, non è detto che quella che si presenta sia una coalizione unita. I problemi che c’erano ci sono ancora, persone coinvolte nelle vicende politiche e nei procedimenti della giustizia amministrativa sono state rimesse in lista. L’ostentazione di “operazioni 51%” sono esibizioni muscolari, come quelle dei bulli, dietro c’è una fragilità enorme».

Come pensa di batterlo?

«Noi rispondiamo con il nostro 51%, fatto di entusiasmo, di una visione nuova per la città e di concretezza. Entusiasmo vuol dire aggregare, avere una proposta inclusiva; visione significa avere progetti che vanno al di là dei singoli “particolari”, una visione comune, come ho imparato dall’esperienza nella giunta Centinaio. E la concretezza nasce dall’ascolto delle persone. Ora Legnano ha bisogno di un sindaco e di una giunta che stiano in mezzo alla gente, ma non per prendere un caffè, per ascoltare. Serve qualcuno che “si faccia prossimo”, nel senso che stia vicino. Magari non risolverà tutti i problemi, ma almeno li ascolterà».

D’altra parte, non è che la giunta Centinaio abbia lasciato un segno particolarmente significativo…

«Il difetto di Centinaio, esaltato nei due anni successivi da Fratus, è stato chiudersi nel Palazzo. Finisce che vieni sovrastato da questioni tecniche da affrontare e perdi il contatto con la gente. Di quella esperienza che ho condiviso, ricordo la capacità del sindaco e delle persone in giunta di amministrare per 5 anni nel rispetto della legalità. Abbiamo visto poi che non è scontato e quali sono le conseguenze quando questo non avviene: una città senza guida politica durante una grave emergenza come quella della scorsa primavera. Mai come allora serviva un sindaco a capo di una giunta, al di là del colore politico».

Se dovesse indicare pregi e difetti di quella esperienza amministrativa?

«La giunta Centinaio ha realizzato comunque cose difficili da fare negli anni del Decreto Monti e della legge di stabilità, con l’obbligo di presentare il bilancio preventivo a settembre. Non si poteva muovere una foglia e partivamo da 8 milioni di disavanzo lasciati dall’Amministrazione precedente. Alberto è riuscito a tenere sulla legalità e sul gruppo che ha lavorato con lui, mentre la destra è caduta sul gruppo, che non la seguiva più dentro il Palazzo. I limiti? La comunicazione. Oggi, comunicare è parte del fare. Non basta agire dopo aver ascoltato i bisogni, occorre spiegare che cosa si fa, e non con degli spot. È stato un errore di tutta la coalizione. Erano gli anni che coincisero con l’avvento dei social, dove filtra anche il malcontento. Ad esempio, su viale Cadorna: l’opera andava realizzata, ma non si è stati a contatto con il malcontento e a parlare con la gente prima di farla, per capire i bisogni e le critiche e girarli alla parte tecnica».

Qualcuno teme che Toia possa farsi manovrare dai poteri forti della città: lo pensa anche lei?

«Le faccio un augurio: di avere almeno la metà dell’autonomia che la mia coalizione mi sta lasciando nel costruire insieme a loro scelte importanti. Non faccio one man show, non dico “adesso decido io”. Le decisioni si costruiscono insieme, ma ci vuole autonomia. Lo auguro non al candidato ma al cittadino, per il bene di Legnano. Serve autonomia anche se si sta all’opposizione».

Ma poi, questi poteri esistono davvero? Quali sono?

«Effettivamente Legnano ha delle reti, talvolta molto coese e che quindi tendono a diventare un po’ escludenti. In questo senso ci sono relazioni che influenzano sentori e opinioni. Non mi piace chiamarli poteri forti, ma ci sono gruppi coesi fra loro, anche capaci di portare risultati importanti. A volte, se le istituzioni non tengono la barra dritta, può diventare sfumato il confine con la legalità. Sono un tessuto vivo, bisogna stare attenti che non diventi connivente, magari anche per ingenuità. Nella macchina pubblica, l’amico vale come chi non lo è».

Ritiene possibile, in un eventuale ballottaggio con il centrodestra, un riaggregarsi delle forze che animarono il Comitato legalità?

«Spero che al di là delle alchimie politiche, che mi interessano poco, ritroveremo tutti la lucidità di parlare agli elettori indicando come obiettivo minimo la legalità. Chiunque arrivi a un ballottaggio e garantisca con i fatti le condizioni per governare in maniera democratica la città avrà il nostro appoggio, senza se e senza ma. E senza chiedere poltrone in cambio. Credo anche che nel 2020 la politica a livello amministrativo può essere fatta sperimentando cose nuove. In questo caso, valuteremmo atto per atto».

Quindi appoggerebbe anche Brumana?

«Se mi garantisce di fare scelte per il mantenimento della legalità, sì. Ma poi gli elettori fanno quello che vogliono, relativizzerei il mito delle masse che si muovono al secondo turno così come viene indicato dagli esclusi».

Perché a Legnano non si è riproposta almeno l’alleanza tra Pd e M5s, come avviene nel governo nazionale?

«Siamo stati sfigati con i tempi, non erano maturi».

Il vostro programma è all’insegna dell’immaginazione, il centrodestra risponde col pragmatismo. Chi ha ragione?

«Noi siamo usciti con lo slogan “il coraggio di immaginare” per suscitare interesse sulla proposta di cambiamento per far ripartire la città anche con prospettive di lungo respiro, ma è vero che dobbiamo lavorare anche con la forza della concretezza. In medio stat virtus. Servono visione lunga e risposte a breve per far partire la macchina. I cittadini si lamentano delle condizioni di strade e marciapiedi, dei parchi in stato di abbandono, degli impianti sportivi a pezzi. Anch’io, se penso a quello che hanno fatto con i campetti di via dell’Amicizia mi incazzo».

Perché, che cos’hanno fatto in quei campi sportivi?

«Non innaffiano il sintetico, che invece va innaffiato comunque: il fondo deve restare umido, se no si irrigidisce e va buttato. Non si possono progettare le cose così, senza parlare con chi le usa. L’insicurezza, la paura del Covid, la paura di perdere il lavoro sono cose estremamente concrete su cui si devono dare risposte. Nel 2019 il bilancio si è chiuso con un avanzo di 3,5 milioni, vedremo nel 2020 che cosa troveremo ma non hanno fatto il Palio e altre cose, quindi spero di non trovare un bilancio devastato come nel 2012. Dovremo strizzarlo per dare respiro alle famiglie, soprattutto quelle con figli piccoli, al commercio che sta morendo, con il mercato che ha il plateatico più alto di tutti i comuni vicini, alle imprese artigiane. Non possiamo permetterci di far andare in blocco totale queste tre aree. Servirà un piano straordinario per le manutenzioni secondo la logica preventiva, cioè una sorta di censimento di strade, barriere architettoniche, manufatti dei parchi che si deperiscono col tempo, per intervenire prima che sia tardi. E bisogna far sì che non si ripeta il caos sanitario che abbiamo visto nell’emergenza, con la rottura della rete tra assistenza sociosanitaria e cittadini. Nella vita io ci lavoro, le Rsa non avevano interlocutori e sono state lasciate sole: non deve ripetersi. Più concreti di così».

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