Filosofarti, musica e parole al Maga con Marta Morazzoni. Il successo del festival

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GALLARATE – «Il gioco delle parole si può associare in maniera velleitaria al tema della musica. Gli spartiti di Mozart erano una cosa meravigliosa, il mio sogno di partenza. Ma è stato bello anche lavorare di fatica, rivedere e limare». L’appuntamento finale di Filosofarti, al Maga di Gallarate, è stato con Marta Morazzoni, premio Campiello alla carriera. Ieri, venerdì 8 marzo, Michele Fazioli, «appassionato di lettura e divulgatore di questa passione» ha dialogato con la scrittrice sul metodo dell’invenzione. L’edizione 2019 del festival dedicato alla filosofia, come ha raccontato l’organizzatrice Cristina Boracchi, è stata premiata da un successo senza precedenti.

Il prossimo libro sarà legato alla Grecia

«Il valore della parola dà solidità a questi edifici che altrimenti sarebbero castelli in aria». Morazzoni, che riguardo a “Il mediatore”, racconto con molti riferimenti a Gallarate, ha rivelato che «il conoscere a fondo e bene a volte è un limite all’immaginazione, scivolare via è difficile», considera importante per il processo creativo «un punto di aggancio, un’impressione, una sensazione».
Non ci dev’essere stretta attinenza con ciò che si racconta, le suggestioni si muovono in cento modi differenti ma poi possono coagularsi: la bottega di un fabbro ferraio vista a Praga può essere trasportata in Francia, l’ispirazione può nascere dalla visita a un lago norvegese e alla misteriosa casa di Grieg a Bergen. «C’è una via per cominciare a raccontare: nasce proprio da un piccolo grumo, una sensazione». Senza il bisogno di dover essere espliciti in tutto e per tutto. In certi casi occorre anche il silenzio, il farsi da parte dello scrittore, «lasciare che la discrezione degli eventi si appoggi sui personaggi». La passione per lo scrivere bene, e il rispetto per la parola come un qualcosa di sostanziale, guidano il gioco, che è associato in maniera velleitaria alla musica, un tema che, tra il romanzo “La nota segreta”, Mozart e il suo librettista Lorenzo Da Ponte, è emerso più volte durante l’incontro. L’autrice de “La ragazza con il turbante”, interrogata sulla sua idiosincrasia a parlare del qui e ora italiano, ha risposto che «un po’ di distanza mi permette di entrare di più nella storia. È una forma di turismo un po’ particolare, come quello di Salgari, che si può compiere anche nel tempo». Il prossimo libro, ispirato dalla Clitemnestra de “Il cuore nero delle donne”, sarà legato alla Grecia, meta di tredici anni di viaggi, e al mondo della mitologia. Perché «tutto quello che scrivo è parte di me. È possibile parlare di sé anche senza essere esplicitamente autobiografici: se ho voglia di parlare di qualcosa evidentemente lo porto con me. Qualcosa dello scrittore finisce sempre nei libri: egli è ciò che ha scritto, e la sostanza del dialogo con il lettore passa da lì».

Il bilancio del festival

A fine serata per Cristina Boracchi, dirigente scolastico del liceo Crespi di Busto Arsizio e organizzatrice di Filosofarti, è giunto il momento di tirare un bilancio: «A questa quindicesima edizione si è rinnovato il successo. Siamo arrivati a contare sedicimila passaggi, molti di più che negli anni scorsi. Con un allargamento dell’utenza e della risonanza: per esempio siamo stati contattati da una persona che, non essendo riuscita a seguire a Cremona Umberto Galimberti, l’ospite che ha registrato il maggior numero di presenze, ci ha chiesto se poteva farlo a Busto. Abbiamo avuto la fortuna di avere nel nostro parterre molti filosofi di alto profilo, alcuni in continuità con le volte precedenti, confermando la loro presenza nel tempo. Il tema scelto quest’anno, il dialogo, è molto attuale e coinvolgente, quindi è stato un’ulteriore fonte di attrazione. Abbiamo intercettato differenti tipi di pubblico e nessun evento, sia quelli più ampi e che quelli più di nicchia, è andato male. Nella nostra prima volta a Varese, con Vito Mancuso, abbiamo riempito la sala quando in città c’era in contemporanea un evento con Matteo Renzi. La speranza per il futuro è che le amministrazioni comunali, oltre al patrocinio, ci diano un sostegno maggiore. Pensiamo di fare un servizio alla comunità non solo gallaratese, ma metaprovinciale e regionale. Ospitando punti di vista molto diversi abbiamo anche contribuito a un innalzamento del dibattito pubblico, perché per noi la cultura è una forma di democrazia».

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