Fisco a Gallarate, o paghi subito o ti pignorano lo stipendio

PACE FISCALE? IL CASO EMBLEMATICO DI UNA EX PARRUCCHIERA

GALLARATE E meno male che doveva essere una “pace fiscale” con i contribuenti. Non fai in tempo a ricevere le cartelle esattoriali che ti arriva l’atto di pignoramento dello stipendio. Ecco la storia paradigmatica di S.N. 50 anni, ex artigiana di Gallarate,  che ha aderito al saldo e stralcio del Governo. “Dopo 29 anni di attività di parrucchiera, ho dovuto chiudere – 5 anni fa – il mio negozio a causa della concorrenza dei cinesi, che in Italia hanno agevolazioni tali da non consentire a noi italiani di reggere la competizione: in un paio d’anni nella mia zona, a Castelletto Ticino, sono sorti ben 4 negozi di parrucchiere nel raggio di poche centinaia di metri dal mio” racconta S.R. “Fra tasse, affitto, bollette ho resistito finché ho potuto. Ma alla fine ho dovuto chiudere l’attività, con un nodo alla gola perché quel lavoro era la mia vita”.

Saldo e stralcio

“Le difficoltà economiche non mi hanno consentito di pagare alcune delle ultime cartelle esattoriali di quando avevo ancora l’attività e ho quindi aderito al saldo e stralcio” spiega. Nel 2019 però sono improvvisamente arrivate ulteriori 3 cartelle esattoriali da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione (l’ultima il 20 giugno scorso) che si sono sovrapposte al pagamento del saldo e stralcio. “Per chiudere ogni contenzioso con il fisco, ho deciso di pagare interamente, e quindi senza beneficiare della rateizzazione, il saldo e stralcio il mese scorso, secondo la scadenza indicata dall’Agenzia delle Entrate e della Riscossione – spiega S.R., ricevute dell’avvenuto pagamento alla mano – per poi procedere, successivamente, al pagamento delle ultime cartelle esattoriali di giugno”.

Non c’è equità

Ma non ha fatto in tempo, perché il 9 dicembre è arrivato, da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, l’ordine di pignoramento dello stipendio al suo attuale datore di lavoro (“Sono diventata una lavoratrice dipendente, e sono molto fortunata perché avere un lavoro a 50 anni è una benedizione” dice S.R.). Incredibile se si considera che l’atto di pignoramento non è stato nemmeno preceduto da una comunicazione all’interessata, bensì inviato direttamente al datore di lavoro. Il quale, in modo molto saggio e filantropico, ha informato la dipendente prima di procedere con il dirottamento forzoso dello stipendio alle casse del fisco. “Lo stipendio serve per vivere – sottolinea S.R. – e non so come avrei fatto se all’improvviso avessi trovato la busta paga drasticamente ridotta: come avrei fatto a pagare il mutuo, le spese per mangiare, l’assicurazione della macchina? Devo ringraziare il mio datore di lavoro per la sensibilità che ha dimostrato. Ora dovrò recuperare le risorse economiche per saldare anche le ultime 3 cartelle. Troverò i soldi e pagherò. E’ però molto inquietante che te le mandino all’imporovviso dopo 5 anni che hai chiuso il negozio e che non ti lascino nemmeno il tempo di verificarne la correttezza: sì, perché chi mi assicura che i calcoli dell’Agenzia delle Entrate siano giusti? Ed è normale che ti pignorino lo stipendio 4 mesi dopo, senza nemmeno informarti? Questa sarebbe giustizia fiscale? Proviamo a ribaltare la situazione: se hai un credito nei confronti del fisco di certo non te lo saldano 4 mesi dopo, anzi passano anni. Dunque per un principio di equità, anche noi contribuenti dovremmo poter pignorare le proprietà dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, o magari dei suoi dirigenti, se entro 4 mesi non ci viene restituito quanto ci spetta. O sbaglio? Una cosa è certa: episodi come questo sicuramente non alimentano il desiderio di legalità. E non aiutano la lotta all’evasione fiscale”.

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