Galimberti: “Ecco come il Pnrr migliora Varese, una volta città della Lega”

Il sindaco Davide Galimberti

VARESE – Non di solo Pnrr vive la Varese che cambia. Anche se «il Piano – dice il sindaco Davide Galimberti – è uno strumento importante per rivoluzionare la città. Noi ci abbiamo sempre creduto, abbiamo presentato proposte e progetti che hanno avuto esito positivo. Ora è il momento di spenderli questi soldi». E la Varese del 2027, anno in cui scade il secondo mandato da sindaco, piaccia o non piaccia, sarà la “Varese di Galimberti e della sua amministrazione”. Sarà quello il vero momento del giudizio sulle scelte fatte, sui progetti condotti in porto e sulle opere concluse e funzionali. Di certo sarà una Varese diversa.

Sindaco Galimberti, ha sempre detto di voler cambiare la città. Oggi, dopo sette anni di amministrazione, si può ancora parlare di Varese “culla della Lega” e di una città di centrodestra?
«Stiamo cambiando la città è questo mi pare incontestabile. Continueremo a farlo perché abbiamo cantieri da avviare e altri da concludere. Intanto credo di poter dire che sono stati archiviati quegli stereotipi che caratterizzavano Varese, ma che in verità, per cultura e tradizione, erano ben lontani dal dna della città».

Lei ha creduto e continua a credere nel Pnrr come la vera svolta del Paese e delle città. A Roma però sui finanziamenti europei post Covid le oscillazioni sono quotidiane. Qui sul territorio qual è la situazione?
«A inizio mandato ho voluto mantenere la delega specifica. Ora siamo in una fase dove bisogna concentrarsi esclusivamente sulla messa a terra del Piano. Ho creduto e continuo a credere che questa sia una partita politico amministrativa importantissima per l’Italia, ma anche per la nostra provincia e per Varese. Il mio mandato si è aperto con l’assegnazione e l’ottenimento dei fondi importanti del Pnrr per proseguire con la trasformazione e con il cambio della città che i cittadini vogliono e che, mi pare, stanno vedendo perché è sotto gli occhi di tutti».

All’inizio “Pnrr” sembrava la chiave per risolvere tutti i problemi di un’Italia in uscita dall’emergenza. Oggi invece pare che non sia più sufficiente usare quell’acronimo come fosse la bacchetta magica. Il governo Meloni c’è da qualche mese ma pare sia passata un’epoca e che sia cambiato tutto. Invece, anche con Draghi c’era chi credeva e chi non credeva in questo strumento. È così?
«Non tutti gli amministratori, una parte anche dei nostri territori, hanno creduto nella possibilità che sarebbero arrivati i fondi. Si è creata una sorte di frangia di negazionisti del Pnrr. Peccato, perché i progetti nascono da esigenze dei territori stessi. Se vogliamo questo Piano è l’attuazione di una sorta di autonomia partita dal basso e che consentirà di cambiare e rigenerare parti importanti della città. Noi e tante altre amministrazioni invece ci abbiamo creduto. Ora quelle risorse devono essere spese, qui a Varese, per rigenerare il quartiere di San Fermo con la nuova scuola, la palestra di roccia e gli impianti sportivi. Ma anche l’area di Villa Baragiola a Masnago; il quartiere di Belforte con il progetto stazione».

Due anni fa ha riassunto il suo primo mandato e la Varese che cambia in due numeri: 100 a 0. Erano i milioni di euro investiti dalla sua amministrazione. Oggi può già aggiornare quel raffronto numerico?
«Non di solo Pnrr vive il cambiamento di Varese, questo occorre ricordarlo. Con progetti concreti: largo Flaiano, le rotatorie di viale Europa e via Gasparotto, l’ex Caserma Garibaldi, il palaghiaccio. Solo per citarne alcuni. Un numero dopo il Pnrr? Direi 220 a zero. Forse di più».

Più amministrazione e meno politica in questi mesi signor sindaco. L’ultima sua battaglia politica con prese di posizioni pubbliche è stata la partita del presidente della Provincia. Qualcuno suggerisce per via della vittoria di Elly Schlein, visto che lei sosteneva Bonaccini. È così?
«Amministrare la propria città fa parte dell’attività politica, perché le scelte amministrative nascono da sensibilità politica. L’esito dell’elezione del segretario non c’entra nulla».

Quindi ha ragione chi sostiene: “Galimberti c’è ma non si vede”, nel senso che sta lavorando “in sala macchine”?
«In questo momento siamo in una fase di “tranquillità” politica e all’orizzonte non ci sono appuntamenti elettorali. Però è indubbio che guardo sempre con attenzione a quello che avviene nel mio partito e anche negli altri».

Ecco, restiamo al Pd, quello di Elly Schlein che ha spiazzato molti. Impressioni sul nuovo segretario?
«Il Pd sta vivendo una fase di assestamento e sta cercando di trovare quell’identità di nuovo partito che sappia interpretare tutte le esigenze dell’epoca. Obiettivo a cui tanti elettori e iscritti al Pd guardavano con attenzione, compreso il sottoscritto e a prescindere dai candidati. Ha vinto la Schlein, ma credo che il traguardo per tutti sia quello di avere una visione del Paese alternativa al governo Meloni. E per costruirla occorre seguire un percorso e serve tempo».

Percorso che con la Schlein si è spostato a sinistra. Addio dialogo con il centro, quindi?
«Un progetto politico alternativo a quello della Meloni non può escludere dialogo e confronto con proposte che sappiano abbracciare un ampio schieramento politico e culturale. Dentro al Pd ci sono diverse anime e il segretario deve saper interpretare e rispettare il pluralismo che ci ha fatto vivere, nel recente passato, una grande stagione politica».

Stringiamo al campo alla nostra provincia e a Varese. Il Pd cittadino gode di buona salute, quello provinciale lo si percepisce meno. Quando si aprirà la stagione dei congressi?
«Non sta a me deciderlo. Però il momento congressuale ci permetterà di ripensare ai ruoli dei segretari provinciali e di circolo. Per Varese città sarà più semplice perché siamo in amministrazione. Sul livello provinciale bisognerà invece completamente ripensare il ruolo e affrontare le tante tematiche aperte che la provincia ha per coglierne le opportunità quali Malpensa, i rapporti con la Svizzera alla luce del nuovo accordo fiscale, il rapporto con Milano e l’area metropolitana, lo sviluppo produttivo e l’incremento occupazionale di questo territorio. Questioni importantissime e di cui in questi anni forse si è parlato un po’ poco».

Per il circolo di Varese è arrivato il momento di un segretario donna?
«Secondo me dopo la prima presidente del consiglio donna con Giorgia Meloni e la prima segretaria del Pd donna con Elly Schlein, probabilmente si avverte un po’ meno quella pressione. Anche se, qualora dovesse accadere, sarebbe una “cosa normale” a testimonianza che nel Pd la parità di genere è assodata».

Un’ultima domanda. Mancano ancora quattro anni a chiudere il mandato, ma conoscendola, possiamo immaginare che sta già guardando al dopo. Un pensiero lontano in testa o una strategia già definita “in tasca”?
(Galimberti, prima di rispondere sorride), «Qualche “pazzo” – specifico, pazzo tra virgolette – a Roma sta pensando alla possibilità di un terzo mandato anche per i sindaci delle città capoluogo e dei comuni sopra i 15 mila abitanti. Io al momento sto solo pensando al Pnrr per Varese».

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