Baratelli e l’aiuto agli afgani in fuga. La sua storia al Lions Gallarate Seprio

GALLARATE – «Ancora oggi, mi stupisco mentre racconto questa storia. Ho agito senza pensare». Come non credergli? Parla Roberto Baratelli, manager di Buguggiate, vero e proprio protagonista di quella che potrebbe benissimo essere la trama di una serie tv. Sì, perché non può dimenticare come dall’Italia – armato solo di cellulare e Google Maps – è riuscito a gestire la fuga di decine di afgani dal loro Paese. Gli eventi sono noti: la scorsa estate i talebani hanno preso la capitale dell’Afghanistan, Kabul, rovesciando il governo e ricostituendo l’Emirato islamico. Con tutta una serie di conseguenze drammatiche.
Ospite insieme alla moglie Sabrina al ristorante “Le Querce” di Casorate Sempione, casa-base del Lions Club Gallarate Seprio, Barattelli è tornato col pensiero a quei giorni «senza sonno». E li ha raccontati ai soci oggi guidati da Silvia Radaelli.

Tutto nasce da una vacanza

Un passo indietro: tutto nasce nel 2020, quando «un’avventura» ha portato Baratelli a fare una vacanza fuori dagli schemi. Sciatore, è stato richiamato dai paesaggi dell’Afghanistan per godersi le discese delle sue montagne. «Qui ho conosciuto molte persone, con cui ho continuato a tenermi i contatti anche dopo il mio rientro in Italia», ha detto. Poi, la situazione politica e militare che è venuta a crearsi la scorsa estate. «Vedendo l’avanzamento dei Talebani, mi sono preoccupato. E da luglio è iniziato un dialogo con queste persone per prendere i primi provvedimenti, come rendersi il meno visibili possibile e tenere pronti i documenti». E quando la capitale è caduta, sono i giorni – ma anche le notti – si sono fatti molto più intensi. «Ero in contatto con un gruppo di sciatori e tramite Whatsapp abbiamo cominciato a gestire la fuga».

Poi «la grande lotta»

La prima meta era il Pakistan. «Ma solo una ragazza è riuscita a raggiungerlo, gli altri sono rimasti bloccati». Da qui, «è cominciata la grande lotta». Quella che le immagini in televisione e sui giornali hanno raccontato per settimane, con migliaia di persone ammassate in aeroporto per rientrare nel piano di evacuazione e lasciare il Paese. L’unico mezzo che Baratelli aveva a disposizione era un telefono, creando una rete di comunicazione attraversi i gruppi. Ma anche telefonate alla Farnesina e i contatti con grosse realtà, come Servizi Segreti di varie nazioni. Oltre a Google Maps, «con cui guidavamo le persone da remoto». In tutto questo, i «pochissimi» militari presenti a Kabul «sono stati meravigliosi, hanno dato una mano concreta in una situazione che era durissima da vivere da lontano. Non oso immaginare come fosse essere lì».

I rifugiati oggi

Sono circa 30 le persone che ha aiutato. «Con alcuni siamo ancora in contatto, ce ne sono due a Milano e una a Ferrara, sorella della ragazza che è andata in Pakistan e che si sta provando a portare in Italia». E che ora è una delle priorità di Baratelli.
Una storia che il presidente Radaelli ha commentato così: «Sentir parla di Afghanistan porta il ricordo a quelle immagini in televisione: una situazione incredibilmente difficile, gente sperduta e ammassata. Ma anche madri che si staccavano dai figli ancora troppo piccoli. Se oggi molti di loro sono in Italia è anche grazie a Roberto, che è riuscito ad affrontare grandi difficoltà per aiutarli».

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