Covid e malati di Alzheimer, da Gallarate l’appello al ministro Speranza

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GALLARATE – Il dolore che si aggiunge al dolore, la pandemia che uccide non solo il corpo, ma anche l’anima, il Covid che quando risparmia i malati di degenerazioni neuro-cognitive gli rovina la vita. Sì, molti non sanno che i malati di demenza, sia l’Alzheimer sia quella senile, non rientrano fra le categorie fragili. E così addio priorità per il vaccino, ma addio anche alla comprensione dell’uomo della strada. Questo tipo di malati non riesce a portare la mascherina e le persone quando le vedono si lamentano nei loro confronti, e in particolare verso chi li accompagna, anche in maniera maleducata se non brutale. A volte i medici non li visitano e nelle file nelle strutture sanitarie non hanno priorità di assistenza.

Su questa realtà nascosta, se non negata, cerca di squarciare il buio una gentile bibliotecaria comunale di Gallarate, in provincia di Varese: Elena Fortunato, 45 anni, accudisce la madre, la signora Maria Rosa, 77 anni, dal 2016 affetta da Alzheimer dopo un brutto percorso di malattie oncologiche. Purtroppo l’anziana, che era impiegata nell’export di materie plastiche quando ancora lavorava, ha perso il marito nel 2017. Ora solo la figlia può occuparsi di lei. “Non voglio alcun riflettore su di me – spiega – ma sono ormai esasperata di essere trasparente, la gente comune non sa le problematiche di questi malati. Per esempio non sopportano di portare la mascherina, non ci riescono, e non la accettano nemmeno da chi li assiste altrimenti si agitano, stanno male”.

Elena Fortunato ha scritto una lettera al ministro della Salute, Roberto Speranza. Vale la pena di leggerla integralmente. E’ una lettera educata, pacata. Che fa riflettere. Che spiega. Con il cuore e con la mente.
“Egregio Ministro Speranza, mi chiamo Elena Fortunato, abito a Gallarate, in provincia di Varese. Le scrivo per chiederLe di voler includere le persone affette da demenza e da decadimento cognitivo tra le categorie fragili aventi diritto alla priorità per il vaccino antiCovid, indipendentemente dall’età anagrafica. Le persone con disturbi cognitivi non sono in grado di tollerare l’uso della mascherina, né della visiera; da ciò deriva un isolamento precauzionale tanto necessario quanto totale: è loro preclusa ogni forma di interazione sociale (persino online, dal momento che lo strumento della videocamera li confonde), viene negato loro l’accesso alle strutture sanitarie e – laddove consentito per emergenze gravi – essendo privi di protezione personale, sono esposti a un rischio elevatissimo di contagio. Per queste persone è anche difficile comprendere perché i familiari e chi li assiste debbano tenere la mascherina nell’ambiente domestico; generalmente non riconoscono i volti, le figure che hanno accanto vengono percepite come ostili e questo si trasforma in progressiva agitazione. I familiari e gli assistenti si vedono così obbligati – spesso – a rinunciare alla mascherina, esponendo le persone già fragili a un pericolo ancora maggiore.

Senza vaccino i nostri cari non possono nemmeno tornare ad accedere almeno ai centri diurni. L’isolamento è deleterio per chiunque, ma ancora di più per i nostri cari perché in esso la demenza trova il suo miglior nutrimento: in quest’ultimo anno hanno visto tutti un enorme peggioramento delle proprie condizioni; per i motivi che le ho esposto, per loro non c’è nemmeno mai stato un vero allentamento dei divieti. Le conseguenze ricadono su tutta la comunità: sui caregiver, impotenti nel riuscire a rendere sufficientemente piacevoli le giornate (loro stessi ugualmente isolati per scongiurare le possibilità di diventare veicolo di contagio), sugli operatori che si trovano così a doversi occupare di persone ancora più compromesse, sul servizio sanitario, i cui costi aumentano coll’aggravarsi della malattia.

Lo stato psicofisico dei nostri cari non può che essere il nostro termometro emotivo: ci aiuti Ministro, ci aiuti tutti perché siamo in molti, anche se siamo silenti. Fortunatamente stiamo riscontrando un atteggiamento sempre più accogliente verso le diversità e le fragilità, tuttavia credo che non ci sia ancora consapevolezza collettiva di ciò che una demenza comporti. “Signora, deve tenere la mascherina!”, “Ha ragione, ma è affetta da Alzheimer e non è in grado di tollerarla…”, “Eh, gliela deve far tenere comunque! La obblighi: non è una bambina!”. E’ vero, non sono bambini: dopo l’anno di età, imporre una regola non è una missione impossibile, con le persone adulte, affette da demenza, invece sì. Nei miei quarantacinque anni di vita ho sperimentato la convivenza con più di un familiare affetto da tumore, sono stata dilaniata dalla sofferenza delle cure e dalle perdite; è sicuramente un parere personale, ma mi sento di dire che la demenza è la malattia che in assoluto più mi ha lacerato l’animo, lasciato segni sulla pelle e sul cuore: non c ‘è solo la persona che amiamo che si trasforma, c’è anche un mondo attorno incapace, non dico di aiutare, ma anche solo di comprendere.

Da tempo penso di scriverle per sensibilizzarLa sul tema: c’è bisogno di più informazione, di più tolleranza, di più empatia. Le riporto solo un esempio: persone con demenza non hanno diritto alla precedenza in sede di accettazione presso i CUP (è riservato solo ai non deambulanti), ma soggetti con disturbi comportamentali (talvolta anche gravi) possono non avere compromissione motoria. Quando in un CUP, impossibilitata a gestire più a lungo la situazione, ho chiesto di poter accedere allo sportello “saltando due numeri”, ho ricevuto come risposta “Signora, non facciamo distinzione tra Alzheimer e non-Alzheimer: faccia la coda come tutti gli altri”.

Ministro, auspico vivamente che voglia inserire i disturbi cognitivi tra i fattori di priorità per il vaccino: la gestione di queste persone è già davvero difficile, in questo modo non è sostenibile. La ringrazio del tempo dedicatomi e di quello che vorrà dedicare alla mia richiesta, ai nostri cari e al loro contorno di affetti. Certa di una suo positivo riscontro, La saluto con viva cordialità”.

Sono parole di senso, anzi di grande buon senso, che speriamo facciano breccia. E speriamo che il ministero della Salute si regoli di conseguenza e il ministro Speranza, una persona seria e umana al di là delle critiche politiche che ha talvolta ricevuto, si faccia carico del problema. Non è un caso umano. E’ disumano il comportamento verso chi soffre di demenza.

Angela Bruno

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