Gallarate, 77 anni fa l’assassinio del Partigiano Falco. La commemorazione

Gallarate Pegoraro partigiano falco

GALLARATE – Il 16 gennaio di 77 anni fa veniva barbaramente assassinato Angelo Pegoraro  per mano di una losca pattuglia di repubblichini a caccia di renitenti la leva per il famigerato esercito della Rsi, in obbedienza all’altrettanto famigerato “Bando del Duce” emesso dallo stesso capo del fascismo, nelle intenzioni di impoverire le fila della Resistenza che sempre più numerose minacciavano il potere del regime già agonizzante.

Gallarate Pegoraro partigiano falco

Alla presenza del Presidente dell’Anpi Provinciale Ester De Tomasi, del referente cittadino Michele Mascella, del segretario provinciale del Pci Varese Pippo Pitarresi, del nipote di Angelo (Francesco Larghi), di una delegazione del Pci e del Prc (il cui circolo di Gallarate è intitolato ad Angelo Pegoraro), dell’assessore alla Cultura Claudia Mazzetti in rappresentanza dell’amministrazione comunale, ieri si è commemorata la figura del Partigiano Falco sul luogo dell’assassinio a Cascinetta. 

La commemorazione 

Di seguito le parole pronunciate da Osvaldo Bossi (Pci Gallarate) in occasione della commemorazione:

Gallarate Pegoraro partigiano falco

Angelo Pegoraro, il Partigiano Falco, non ha ancora 18 anni quando nel febbraio del 1944 viene licenziato dalla Caproni Vizzola, dove lavora come garzone.
Si trasferisce a Ghemme (Novara), per lavorare alla Todt, (l’organizzazione del III Reich che si occupava della costruzione di strade e di fortificazioni) e lì incontra, per la prima volta, alcuni gruppi partigiani locali con i quali condivide idee e speranze.
Lui, non ancora diciottenne, non è un renitente alla leva. Sono la sua fede negli ideali di libertà e giustizia sociale, che lo convincono a schierarsi con le forze partigiane per abbattere il fascismo e scacciare l’invasore tedesco.
Nel luglio del 1944, Falco, tornato a Gallarate, su indicazione del Pipetta (Attilio Colombo), entra a far parte della 127a SAP del gruppo di Besnate, partecipando al colpo all’Isotta Fraschini. In seguito, il gruppo si sposta per esigenze tattiche, (arrivando l’inverno, le tende non sono più sufficienti), a Villadosia dove trova rifugio in una cascina detta dal Pasquin da sott.
Il 18 ottobre, grazie al coraggio di una giovane del paese che avvisa i partigiani dell’arrivo dei brigatisti neri, (due camion armati fino ai denti e con i viveri per tre giorni) il gruppo riesce a sfuggire al rastrellamento e si disperde.
Falco allora raggiunge in novembre i reparti partigiani della 124ª Brigata nel novarese. Con loro, e con reparti di altre Brigate, “Falco” partecipa ad un’azione il 14 dicembre del 1944, oggi ricordata come «battaglia di Suno».
Angelo, come tutti i partigiani ogni tanto tornava a casa per salutare i famigliari, per rifocillarsi, per trovare gli amici.
L’ordine del CLN (quello vero e non quello fantomatico nato negli ultimi mesi a Torino) era quello di recarsi a casa disarmati e Angelo rispettò quelle direttive ma il 16 gennaio 1945, a Cascinetta, sulla soglia di casa, sotto gli occhi esterrefatti della Madre e della sorella incinta, Angelo veniva assassinato dalla sbirraglia fascista, comandata dal repubblichino Crosta, come nel caso dello Zaro, del cui sangue si era macchiato, senza che nessuna arma fosse rinvenuta su di lui.
Stessa sorte toccò al partigiano che era con lui e che venne arrestato nella stessa occasione, si chiamava Vittorio Minelli, aveva 22 anni ed era di Clusone in provincia di Brescia. Dopo 40 giorni di prigionia venne fucilato a Sacconago il 25 febbraio dello stesso anno.
Quando diciamo che Angelo non era un renitente alla leva, lo diciamo perché lui non era ricercato per quello ma perché qualcuno nel palazzo dove abitava con la madre fece la spia.
Oggi, a distanza di 77 anni da quel tragico giorno, è importante ricordare, è importante commemorare, dato che il revisionismo storico passa anche attraverso la sottovalutazione di onorare e commemorare, è necessario ricordare cosa fu il fascismo e chi furono le vittime e chi furono i carnefici.
Ricordare chi furono Angelo Pegoraro e il suo compagno Vittorio Minelli, vuol dire anche ricordare il sacrificio che li animò e lo spirito patriottico del quale oggi in tanti declamano ma pochi credono davvero.
Patrioti furono i Partigiani, furono gli Antifascisti, furono quelli che scacciarono l’invasore tedesco e non quelli che scapparono lasciando il Paese allo sbando (il re e la sua banda, Mussolini e i suoi gerarchi).
La tendenza oggi è quella di liquidare, far dimenticare, relegare a nostalgie del passato queste drammatiche vicende, l’equiparazione tra vittime e carnefici, l’equiparazione europea tra nazismo e comunismo è emblematica e antistorica.
In questi giorni c’è chi si proclama nuovo CLN contro una presunta dittatura sanitaria, addirittura citando nomi di gloriosi Partigiani come Giovanni Pesce (la figlia Tiziana Pesce ha risposto con fermezza a questa vile provocazione), noi non permetteremo che si equipari la lotta di Liberazione contro il nazifascismo con questo maldestro tentativo di mettere un cappello di dignità a una battaglia individualista sostenuta anche dai fascisti, dagli stessi che a dicembre hanno dato l’assalto alla CGIL di Roma, che oltre a ricordarci il drammatico ventennio ci ha ricordato l’assalto alla camera dei sindacati di Odessa, in Ucraina, nel 2014 con decine di morti bruciati vivi, massacrati e seviziati.
E’ il nuovo pansismo. E’ il fascismo che rinasce sotto mentite spoglie per liquidare la storia e ricominciare indisturbati. 

Gallarate Pegoraro partigiano falco – MALPENSA24