Vittorio Arconti, «simbolo perenne di un ideale». Pietra d’inciampo a Gallarate

Gallarate Vittorio arconti cerimonia

GALLARATE – La memoria collettiva ha reso omaggio oggi, 23 aprile, a Vittorio Arconti. Ucciso nel 1944 nel campo di concentramento a Mauthausen, verrà ricordato per sempre dalla pietra d’inciampo posta davanti in via Mameli a Gallarate, la sua ultima residenza prima della deportazione. 

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La cerimonia 

Alla cerimonia, organizzata da Anpi e Associazione Mazziniana, hanno preso parte monsignor Riccardo Festa e il sindaco Andrea Cassani. «Questa pietra – ha detto – assume un ruolo ancora più significativo oggi con una guerra alle porte». Presente anche i familiari di Vittorio Arconti, tra cui la nipote Nadia. Nel video il suo ricordo: 

Chi era Vittorio Arconti 

A diciotto anni Vittorio Arconti si iscrisse al movimento giovanile socialista di Gallarate e passò poi al Partito Comunista al quale diede tutto il suo entusiasmo. Subì ogni sorta di persecuzione da parte dei fascisti: bastonature, arresti, fino a quando nel 1927 venne assegnato al confino di polizia dove trascorse due anni, prima all’isola di Ustica e  poi a Ponza. Rientrato in città subì in seguito altri numerosi arresti e durante il periodo della lotta clandestina svolse una efficace propaganda fra le masse e nei quadri del partito,  in particolare durante l’occupazione tedesca. Collaborò attivamente con Mauro Venegoni. Impiegato come disegnatore meccanico nella ditta Ercole Comerio di Busto Arsizio venne eletto quale fiduciario della massa impiegatizia e, insieme alla Commissione Interna degli operai, si mobilitò a difesa dei lavoratori. Per tale attività venne arrestato dai tedeschi il 10 gennaio 1944 su segnalazione dei fascisti e con altri compagni dello stabilimento Comerio tradotto in carcere a San Vittore. Passò poi, dopo qualche mese al campo di concentramento di Carpi, in Germania, a Gusen (Mauthausen). Qui trovò la morte il 29 novembre 1944. 

Il Proletario 

In occasione della cerimonia odierna, Osvaldo Bossi (Pci) ha recuperato il ricordo che “Il Proletario”, numero unico del Partito comunista italiano sezione di Gallarate, fece a Vittorio Arconti il 2 agosto 1945. Di seguito la versione integrale a firma di Romeo 211:

Vittorio Arconti, Compagno modesto, buono e cordiale con tutti, dedicò tutta la sua vita al servizio dell’ideale comunista, al suo lavoro ed alla sua famiglia alla quale era legato da immenso affetto. Il suo sacrificio non deve essere vano, ed unito a quello di tutti gli altri Compagni, deve essere di sprone alla nostra battaglia per una vera giustizia sociale che il popolo italiano chiede e fermamente vuole. 

non sei più Vittorio Arconti ora non sei più. Sei nel numero di coloro che aspetteremo invano, che ci parrà sempre vedere ritornare. E il ricordo del Tuo nome, della Tua persona, ridesterà sempre in noi un desiderio di riaverti fra noi compagni, con la tua fede, con la tua costanza, con il tuo ardire. Ti ricordo quando eri ventenne, nel lontano 1921- 1922, quando allora nel nostro cuore di adolescenti era vivissimo il fervore per quell’ideale di libertà, Ti ricordo quando si scatenò feroce la reazione capitalista e dei suoi comperati sicari nostri fratelli usciti dalle nostre stesse file, figli del nostro popolo. Ricordo che pur nelle battiture, nelle percosse inumane che ricevevi, Tu eri buono. Il Tuo animo di idealista non albergava odio, e non voleva ammettere il tradimento. Mi ricordo di Pardi, colui che frequentava la Tua stessa casa e che venduto alla cricca Padovani, Liati, Gnocchi, Tanzi, Ti frequentava e come Giuda Ti tradiva per pochi denari. Fin d’allora. E al mio avvertimento, alla mia segnalazione Tu rispondevi rifiutandoti di credere, tacciandomi di visionario pauroso. Eri troppo buono, il Tuo animo era cosi puro, eri così credente che non potevi ammettere che un compagno potesse tradire. Mi hcordo di un altro compagno di Amate, che il giorno susseguente alla battitura feroce che dovesti subire là su quel ballatoio dell’allora Trattoria Valletta, dove Ti eh recato perché lavi erano molti compagni ad aspettare il Tuo verbo; battitura infertati a suon di nerbate da Liati, Tanzi, Magrotti, Gnocchi e mi ricordo che proprio lui era stato l’unico a essere risparmiato, lui che il giorno dopo ho visto ìn colloquio sdolcinato con Gnocchi. Coincidenza? Nella Tua bontà neanche quella mia prova volesti ammettere. E da allora cominciò il nostro distacco pur lavorando sempre assieme. Eppure Vittorio! Erano i giuda che tradivano per paura e per denaro. Gli anni che seguirono mi diedero ragione. Purtroppo te stesso hai dovuto ricrederti, hai dovuto vedere molti dei nostri compagni più fedeli, allontanarsi da Te. schivarti dapprima vergognarsi di se stessi; feroci poi più degli altri per dimostrare ai nuovi amici, ai nuovi padroni, la loro buona volontà di traditori 1923-1924.

Il diradarsi delle nostre file, l’ingrossamento di quelle avversarie, l’olio di ricino, il nerbo di bue, produceva il loro effetto su molti, la paura invitava di allontanarsi, e a non più riconoscerti, o tuttalpiù a larvatamente riconoscerti; e rimanemmo noi giovani, noi adolescenti, a issare le ultime bandiere rosse sui campanili, ad affiggere gli ultimi manifesti sui muri, a distribuire gli ultimi volantini per le strade, ad ascoltare le ultime parole di Maffi, di Locatelli, di Repossi, in comizi improvvisati davanti a ditte, all’uscita degli operai, in convegni nei campi e nei boschi. Traditi anche in quei convegni perché il più delle volte, erano agguati, corse disperate nella notte, arresti, trasporti su camions in carcere, battiture, percosse. Eppure mai venne meno la Tua fede. Ti ricordo sempre fermo nel nostro ideale, malgrado tutto, contro tutto, sempre, negli anni tristi dell’abbruttimento dei cervelli. Poi 26 luglio 1943. Il risveglio. Tu, mio, dì tutti quellì che non avevano disperato, che pur oppressi da mille angherie non avevano ceduto. L’esplosione di gioia dì quel giorno, i primi raduni dei giorni seguenti. Ricordo la Tua attività, il Tuo ardore, la gioia che avevi nel cuore e che Ti illuminava il viso ormai non più giovanile, quando vedevi attorno a Te i vecchi e i giovani accorsi alla riscossa. 

Poi ancora il buio. Più nero ancora di prima, dove assassini più feroci ancora ci braccavano, non più manganelli e Olio di ricino, ma torture, colpi di mitra e campi dì concentramento ci aspettavano. Purtroppo toccò a Te questa sorte. Triste sorte! il purgatorio dì San Vittore, l’inferno dì Mauthausen. Ora non sei più. I tuoi Ti piangono, i Tuoi compagni hanno nel cuore un morso doloroso, negli occhi una voglia di piangere, un rimpianto e un desiderio acuto dì vendicarti. 

Molti dei Tuoi nemici di allora non sono più, estinti dal piombo vindice del proletariato, ma molti ancora attendono il giusto castigo. Vittorio Arconti, simbolo perenne di un ideale, sta certo che ricorderemo che non dimenticheremo i Tuoi patimenti la Tua fine dolorosa e gloriosa. nostri rossi vessilli si inchinano davanti al Tuo sacrificio, sarai vendicato da tutti i Tuoi proletari, da tutti noi combattenti per quell’Ideale per cui hai sofferto e hai donato la Tua vita. 

Gallarate Vittorio arconti cerimonia – MALPENSA24