Gorla Minore, 60 decessi alla rsa Gonzaga. Ma solo 4 sono accertati Covid

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GORLA MINORE – Tra marzo e aprile, nella rsa San Luigi Gonzaga si sono registrati 60 decessi. Ma solo 4 sono stati accertati Covid. Continuano a essere nell’occhio del ciclone le residenze per anziani, nelle quali si stanno iniziando a fare i tamponi, ma dove la situazione resta comunque delicata. Come nella rsa San Luigi Gonzaga, dove a dare il quadro complessivo della situazione sono i referenti della sede centrale di Firenze del gruppo Edos che gestisce, oltre alla Gonzaga, altre strutture in Italia. I quali smentiscono anche la notizia, circolata nei giorni scorsi, di aver avuto un accesso da parte della guardia di finanza: «Non abbiamo ricevuto alcun controllo da parte della guardia di finanza. Né questa ha fatto richiesta di documentazione».

Solo 4 decessi Covid. Possibile?

Fa impressione il dato dei decessi, tanto più se si considera che ben 46 si sono registrati nelle prime due settimane di aprile. E’ evidente inoltre che il primo pensiero va alla potenza devastante del virus in contesti molto delicati come sono le residenze per anziani. Ma i referenti della Gonzaga forniscono una serie di spiegazioni rispetto al “freddo” numero. «Dei 60 decessi, solo 4 sono accertati Covid in quanto deceduti in ospedale e quindi sottoposti a tampone. Tra gli altri decessi, 28 riportavano sintomatologie possibilmente riconducibili al Covid. Tutti gli altri sono venuti a mancare invece per cause dichiarate dall’équipe medica non riconducibili al Covid, in quanto non presentavano sintomi, avevano patologie complesse pregresse, età avanzata e/o erano da noi in continuità assistenziale. Precisiamo inoltre che neanche  i 28 casi con sintomatologie Covid sono ad esso certamente riconducibili in assenza di tampone».

E’ possibile, ma non è certo, poiché si è anche verificato un decesso riconducibile al coronavirus, ma che alla luce del tampone il risultato è stato negativo. Un quadro certamente tragico e che conferma come solo il test può discriminare con certezza tra Covid e decessi naturali o dovuti a patologie croniche pregresse. Tamponi, che «dopo una serie di segnalazioni e solleciti, abbiamo potuto iniziare a effettuare sia sul personale in assente dal lavoro per malattia o sia sugli ospiti dal 14 al 17 aprile. Mentre sul personale in forza, ovvero effettivamente operativo, i test sono stati eseguiti il 2 di aprile, ovvero due giorni (era il 30 marzo) dopo che la direzione della struttura segnala all’Ats Insubria della presenza di un sospetto focolaio interno.

Insomma, senza quell’esito ai tanti parenti del Gonzaga (ma non solo di questa rsa), che in queste settimane hanno pianto la morte di un loro famigliare, oltre al dolore della perdita rimane un interrogativo sulla causa di morte, che difficilmente troverà una risposta scientificamente certa.

Dpi, tamponi, organizzazione e personale: i motivi delle polemiche

Sono essenzialmente 4 gli argomenti gli argomenti al centro del dibattito (e non solo del dibattito) rispetto ai quali registriamo la posizione della rsa: mancanza di dispositivi di protezione, ritardi nell’eseguire i tamponi, azioni messe in atto per gestire l’emergenza interna e personale.

Sul materiale di protezione: «Abbiamo fatto i primi ordini di Dpi il 26 febbraio – si legge in una nota – quando ancora non erano stati resi obbligatori. Di questi ordini, non abbiamo ricevuto niente fino a fine marzo: tutto alla dogana veniva requisito dalla protezione civile perché le rsa non erano considerate prioritarie come gli ospedali, sebbene fossero chiamate allo stesso ruolo. Quando il ministero ha sbloccato la situazione abbiamo finalmente ricevuto tutti i Dpi certificati, fino ad allora avevamo camici, guanti e mascherine, queste ultime principalmente fatte da noi e comunque sempre reperite dall’azienda, non da enti esterni».

I tamponi «li abbiamo chiesti fin da subito al sorgere di sintomi, ma per gli ospiti Regione Lombardia aveva deliberato di non farli. Quindi a fronte di ospiti sintomatologici è stato molto difficile anche organizzare gli isolamenti per evitare la diffusione del contagio.

Sull’accusa di aver dato risposte inadeguate rispetto alla situazione emergenziale: «Siamo stati travolti da un’emergenza senza termini di paragone nella memoria recente del nostro Paese. Le rsa nascono come strutture assistenziali e non erano preparate a gestire pazienti cosi complessi; infatti in condizioni normali, laddove si verifichino situazioni particolarmente difficili, i nostri ospiti vengono trasferiti in ospedale per ricevere cure più appropriate. Inoltre, fin dal principio, non sono state fornite indicazioni di alcun genere su come gestire la problematica e abbiamo dovuto riorganizzarci in autonomia, e come abbiamo potuto, per far fronte all’emergenza. Tutti i protocolli emessi sono stati prodotti dall’Azienda in tempo record e consegnati alle strutture il 24 febbraio, il giorno dopo l’emissione della legge nazionale. Nel tempo ne sono stati emessi altri e costantemente aggiornati a seconda delle direttive ministeriali, ma tutto è sempre stato fatto in autonomia, senza ricevere linee guida certe dall’alto».

Infine sul personale. «Nelle strutture il personale è in forza ridotta. Alcuni dipendenti hanno manifestato sintomi sospetti e i medici di base hanno imposto loro lunghi periodi di malattia, con conseguenti assenze prolungate che hanno reso difficoltosa la gestione degli ospiti, che già di per sé lo era. In seguito alla somministrazione dei tamponi il numero degli assenti si è notevolmente ampliato e ad oggi abbiamo circa un terzo del personale attivo. Ci siamo ritrovati senza personale sufficiente, ma abbiamo attivato una rete di agenzie per il lavoro fin da subito per il reperimento, abbiamo fatto pervenire anche personale da altre strutture del Gruppo e ovviamente avvisato gli organi competenti. Asl la settimana scorsa a fronte delle varie segnalazioni ricevute ci ha fatto pervenire una lista di potenziali candidati che stiamo colloquiando e piano piano stiamo integrando le mancanze».

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