Il ciclismo apre le porte dei Mondiali 2023 alla squadra dei rifugiati

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L’UCI ha deciso di seguire la linea del CIO e faciliterà la partecipazione di atleti rifugiati alle competizioni di alto livello. Nella nota pubblicata ieri pomeriggio dall’Unione Ciclistica Internazionale, è possibile leggere: “Al fine di facilitare la partecipazione degli atleti alle competizioni internazionali di alto livello, l’UCI ha approvato modifiche al Regolamento UCI volte a consentire agli atleti rifugiati di prendere parte a grandi eventi – in particolare Coppe del Mondo UCI e Campionati del Mondo UCI – con lo status di ” atleta rifugiato” e senza fare  più affidamento sull’iscrizione della Federazione Nazionale del proprio Paese di origine. La loro partecipazione allo status di “atleta rifugiato” è anche in linea con la loro potenziale partecipazione come membro della squadra olimpica di rifugiati ai Giochi Olimpici”.

Per comprendere meglio quanto accade agli atleti rifugiati bisogna tornare al 2016, anno in cui per la prima volta ai Giochi Olimpici vennero ammessi atleti provenienti da diverse nazioni che gareggiavano con la bandiera a Cinque Cerchi del CIO. Quell’anno fu il presidente del CIO Thomas Bach ad annunciare al mondo intero che sarebbe stato creato un team speciale per atleti rifugiati, come simbolo di speranza per tutti i rifugiati nel mondo, al fine di aumentare la consapevolezza globale relativa alla crisi dei migranti in Europa.

Nel settembre 2017 il CIO ha poi istituito la Olympic Refugee Foundation per continuare a sostenere i rifugiati a lungo termine. L’UCI però non è la prima Federazione Internazionale ad aver aperto le proprie porte ai rifugiati, perché nel 2017 la IAAF, la Federazione Internazionale per l’atletica, aveva creato uno speciale team, grazie al quale i rifugiati hanno potuto partecipare ai Mondiali di atletica. Adesso anche l’UCI ha deciso di dare uno spazio speciale agli atleti rifugiati: a partire dal 2023 i ciclisti costretti a scappare dalla propria terra, senza dover ricorrere alla Federazione del Paese di origine, potranno partecipare ai Campionati Mondiali di tutte le specialità legate al ciclismo.

Alle Olimpiadi di Rio de Janeiro ci furono 10 atleti che provenienti da 5 nazioni diverse, gareggiarono sotto la bandiera dei rifugiati del CIO e la maggior parte erano donne. A Tokio 2020 i rifugiati sono diventati 29 provenienti da 11 nazioni e per la prima volta nel  ciclismo ha partecipato una donna. Si tratta di Masomah Ali Zada (nella foto), ciclista afgana che ha gareggiato nella prova a cronometro. Questa straordinaria ragazza, aveva trovato rifugio in Francia e la sua storia divenne anche un libro, “La Petite Reine de Kabul”.

Tra poco più di un mese ad Aigle verranno ospitati i Campionati Femminili di Ciclismo Afgani, in cui saranno ospitate quasi 100 cicliste afgane provenienti da Canada, USA, Albania, Turchia, Italia e Svizzera. Sarà prima di tutto una festa dedicata allo sport e ai diritti umani, perché tutte le partecipanti ai Campionati ospitati in Svizzera oggi sono delle rifugiate politiche, perché a causa del regime talebano sono state costrette a scappare dal proprio Paese.

Un passo importante quello dell’UCI, che grazie a questa iniziativa, dal prossimo anno darà la possibilità a ciclisti, uomini e donne, di competere nelle manifestazioni più importanti, supportate da un’organizzazione che garantirà uguaglianza tra tutti i partecipanti. 

Articolo a cura di Tuttobiciweb.it

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