I consiglieri di Canegrate chiudono a Pandetta: «Qui non canterà mai»

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CANEGRATE – Consiglio comunale di Canegrate sulle barricate per dire no al concerto di Niko Pandetta, il cantante neomelodico catanese con precedenti penali e nipote del boss mafioso Turi Cappello, condannato all’ergastolo. Anche se si mostra pentito del suo passato e afferma di non cantare più il contestato brano dedicato allo zio, ora in regime di 41bis, Pandetta continua a far discutere per le sue esibizioni annunciate qua e là e poi saltate all’ultimo momento: è successo in pochi giorni a Bollate e poi a Canegrate. Proprio qui, i partiti del Consiglio comunale Cambiamo Canegrate, Canegrate Insieme e Forza Italia hanno diffuso oggi, lunedì 10 febbraio, un comunicato congiunto dicendosi «uniti in difesa della legalità».

«Concerto sold out a Canegrate? No, solo out»

«Abbiamo appreso solo nel tardo pomeriggio di venerdì 7 febbraio – spiegano i consiglieri delle tre liste – che Niko Pandetta, il “cantante” noto per aver dedicato una canzone a un parente condannato al 41bis per reati gravi, quello stesso Pandetta che ammette candidamente di aver finanziato il suo primo disco con i soldi di una rapina, si sarebbe esibito in serata a Canegrate e il locale era già “sold out”. Il signor Pandetta si è presentato a Canegrate perché un suo concerto a Bollate era stato annullato grazie alla mobilitazione dell’Amministrazione e dei cittadini di Bollate, che apprezziamo. Ringraziamo la sensibilità attenta dei Carabinieri del Comando di Legnano e di Parabiago, che hanno vegliato con fermezza sulla serata impedendo che questo scempio si perpetrasse nella nostra città».

Politica locale unita «in difesa della legalità»

Sull’eventualità che il cantante siciliano si esibisca mai nel comune alle porte di Legnano (il locale scelto venerdì era una pizzeria), la politica canegratese si mostra irremovibile: «Niko Pandetta a Canegrate non ha cantato e non canterà mai – conclude il comunicato congiunto – almeno fino a quando non smetterà di rilasciare interviste in cui nega l’esistenza della mafia o rivendica i “valori” che parenti mafiosi gli avrebbero trasmesso».

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