Il derby della Gioeubia Gallarate-Busto. «In piazza Garibaldi già nel 1732?»

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GALLARATE – Sollevò un dibattito durato settimane lo scorso anno quando, documenti alla mano, l’assessore alla Cultura di Gallarate, Massimo Palazzi, affermò che il rogo della Gioeubia nella Città dei Due Galli è un rito molto più antico rispetto alla vicina Busto Arsizio, che da sempre ne rivendica la paternità.
Da meticoloso storico locale, in occasione della ricorrenza della Giubbiana 2021 (l’appuntamento è per giovedì in streaming) e «per continuare nella piacevole e amichevole “disfida della Giöbia” con gli amici di Busto Arsizio», quest’anno il componente dell’esecutivo Cassani ha scelto un passo dell’opera “Le memorie di un giovine! Racconto gallaratese di Luigi Breganze Bossi” pubblicato nel 1855 “a totale vantaggio della nuova chiesa di Gallarate”. Si narra di un rogo in quella che oggi è piazza Garibaldi, risalente al 1732.

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Palazzi documenta, ma non cerca lo scontro con Busto Arsizio. Anzi: «Auspico che anche quest’anno le nostre comuni tradizioni generino una rinnovata attenzione per gli aspetti culturali del territorio, al fine di consolidare una virtuosa collaborazione con i Comuni del circondario per la valorizzazione delle nostre radici».

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Massimo Palazzi

Il rogo in piazza Garibaldi

Nel brano che Palazzi riporta viene descritta l’iniziativa di alcuni giovani, ambientata nell’anno 1732, di accendere un falò in Piazza d’Armi (o Pasquè, oggi piazza Garibaldi), come d’uso in occasione della ricorrenza della Giöbia, che viene così ricordata:

“… così i fanciulli e i giovinetti … pensarono a un tratto improvvisare la loro Giubbiana, quella baccanella cioè che fan sempre nella sera dell’ultimo Giovedì di Gennaio, e proprio in Piazza d’Armi, accatastando fascine di legna sopra fascine, che vanno ad accattare i ragazzi di giorni, e con essi di sera anche i non ragazzi, per tutte le case, per tutti i vicini, chiamando i contribuenti [che ben lieti vi si prestano] coi rinomati loro Ghiringhèi.
Tanto felice pensiero ebbe in quelle menti la rapidità del baleno; e quei ragazzi, giovani stessi, tutta fretta staccandosi dalla gran calca, si diedero d’ogni dove in traccia del combustibile necessario, mentre in brieve spiro di tempo il grido di legna …legna invase dalla prima all’ultima le maggiori case Gallaratesi. Nemmeno un proprietario, un vicino pensò rifiutar visi, anzi a que’ già un po’ brilli dalle allegre sorseggiatine del pranzo, l’idea del Falò magistrale fu d’un accoglimento da battimani e le fascine piovettero in copia…. sì piovettero, giacchè si gettarono ai questuanti fin dalle finestre, dai balconi sulle pubbliche vie; da tutte le parti un correre, un urtare di giovani, giovanetti, fanciulli carichi di loro accattonato fardello, e tutti nella gran piazza d’Armi, a farne la spaventosa catasta.
… Finito il grido, impazienti quei tali del Falò di vedere in effetto la bizzarria loro, s’appressarono alla catasta per accenderla; ma ricordandosi il costume nazionale aver sempre portato quell’atto doversi fare dalle loro fanciulle, si volsero tra la moltitudine a trarnele fuori, le quali avvertite di questa loro missione, non rifiutandosi punto al voto universale, pronte dier piglio alle stoppie, già apprestate accese dai giovani, ed accostatesi alla catasta sotto la quale era un mucchio di paglia, onde il fuoco si avesse ad appiccare tantosto, vi produssereo in men d’un respiro un nugolo di fumo, quindi un serpentello di fiamma, che arrampicandosi di fascina in fascina colà ammonticchiate, venne in poco tempo a produrre una vampa indiavolata.
E la scena era sorprendente davvero!”

Il Ghiringhèll

Il narratore spiega poi in una nota il significato del termine Ghiringhèll:

“Ghiringhèll, mal definito dal Cherubini (Vedi suo Dizionario milanese-italiano). Strumento che consiste in un pezzo di legno quadrilungo (parallelepipedo) restremato, e di varia lunghezza, secondo la più o meno forza di suono cui vuolsi dare. Nella parte restremata evvi praticata una cavità in cui è posta una ruota dentata, avente fisso nel suo centro un manico che sporge da una sola parte. Un’assicella sottile, assicurata nella parte opposta della ruota sul pezzo di legno anzidetto, appoggia poi liberamente a guisa di molla sulla stessa ruota dentata. Tenendo fermo colla mano il manico, e comunicando allo strumento un moto rotatorio, n’esce poi quel suono stridulo, sgarbato ed assordante, che forma la delizia dei ragazzetti, di questo borgo nel giorno così detto della Giubbiana. Forse dal suono stesso che produce gli derivò il nome Ghiringhèll”.

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Secondo Palazzi possiamo immaginare fosse qualcosa di molto simile all’attuale Raganella, cioè, come riportato nell’Enciclopedia Treccani, uno “strumento musicale popolare in legno costituito da una ruota dentata che gira intorno a un perno e produce un suono simile a un gracidio. Di origine antichissima, sopravvive in alcune manifestazioni popolari ed è stata talvolta impiegata nella musica colta”.

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