Il bullismo e la “generazione invisibile”

laurenzano bullismo giovani educazione
di Antonio Laurenzano
I recenti atti di vandalismo registrati in Provincia e “firmati” da alcuni minorenni ripropongono l’altro aspetto, ancor più inquietante, del disagio giovanile: il bullismo, un male sociale sempre più diffuso nel Paese. Un fenomeno di forte impatto che in Italia riguarda il 33% dei ragazzi in età adolescenziale. Un ragazzo su tre subisce episodi di violenza verbale, psicologica o fisica, come confermano le tante telefonate al numero verde istituito dal Miur. Si susseguono nel Varesotto iniziative e incontri per sensibilizzare ragazzi e famiglie sulle problematiche legate al bullismo: da Varese (progetto pilota all’Isis Newton con Polizia e Confconsumatori) a Luino (carabinieri in cattedra), da Tradate (agenzia formativa della Provincia) a Gallarate (meeting dei lions cittadini).
La questione giovanile rappresenta il nervo scoperto della società. Da tempo si è aperta una frattura profonda fra le generazioni, una frattura che comporta spesso l’impossibilità di trasmettere dai padri ai figli i modelli comportamentali, le gerarchie dei valori, perfino le regole della quotidianità. Il vuoto ideologico e culturale, l’intolleranza civile e religiosa sono ormai i simboli di una società allo sbando, sempre più in balia di falsi profeti e di mercenari senza scrupoli.
I giovani rappresentano l’anello debole di un sistema attraversato da forti tensioni, sono figli di una società priva di freni inibitori, in cui l’autorevolezza, intesa come credibilità valoriale, è stata soppiantata dalla trasgressione. In una società dove è vietato vietare, dove non ci si indigna più per niente, non c’è da stupirsi di atti violenti di tanti giovani, allevati senza un esempio, senza una guida salda, senza regole di comportamento.
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Priva di un “vissuto”, incapace di proiettarsi verso il futuro, la “generazione invisibile” vive il presente acriticamente, adagiandosi, e spesso rifiutando con violenza quello che la società è in grado di offrire. Il vuoto che opprime il ragazzo dopo l’abbandono delle certezze dell’infanzia rende tutto paurosamente insignificante. Umberto Galimberti, docente di Filosofia e Psicologia all’Università di Venezia, nel suo libro “L’ospite inquietante”, parla del “nichilismo che si aggira insidioso fra i giovani, penetra nei loro sentimenti, confonde i loro pensieri, cancella prospettive e orizzonti. C’è un nulla che li pervade e che li affoga, un rifiuto del sociale: eroi del nulla”. E’ l’analfabetismo emotivo che non consente ai giovani di riconoscere i propri sentimenti fino a perdersi nel deserto della comunicazione virtuale! La famiglia è vissuta come ultima spiaggia per l’affermazione della propria identità e la maturazione della propria personalità.
Dietro realtà apparentemente inspiegabili si annidano motivazioni profonde collegate alla crescente solitudine in cui vivono le nuove generazioni, confinate in un mondo a parte dove, se vengono a mancare gli interlocutori naturali, ossia i genitori, prendono il sopravvento nuove figure di riferimento, estranee al circuito relazionale della famiglia: gli amici, quelli del “branco” , con i quali si condividono ansie e timidezze, i primi segni cioè di quel disagio che se non interpretato in tempo si trasforma in pericolosa devianza.
Cosa fare, dunque, per sconfiggere il bullismo? “Connettersi” con il mondo dei giovani. Educarli alla legalità, alla cittadinanza attiva, all’impegno sociale per renderli protagonisti consapevoli del loro ruolo attraverso il recupero della smarrita visibilità. Coniugare la libertà con il senso del dovere per poterla vivere non come trasgressione ma come valore di grande significato. In un mutato contesto sociale, la famiglia e la scuola dovranno “insegnare ai giovani l’arte del vivere” per restituire loro l’antico ruolo di “strumento di cambiamento sociale”.
laurenzano bullismo giovani educazione – MALPENSA24