Il sindaco di Legnano, Radice: «Non lasciamo propagare il virus del fascismo»

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LEGNANOPubblichiamo il testo del discorso tenuto nella mattina di oggi, domenica 31 ottobre, a Cassano Magnago dal sindaco di Legnano, Lorenzo Radice (nella foto, con il presidente dell’Anpi di Legnano Primo Minelli e il presidente di Anpi Milano e provincia Roberto Cenati) per la commemorazione del 77° anniversario dell’uccisione di Mauro Venegoni.

Il mio saluto va ai sindaci di Busto Arsizio e Cassano Magnago, Amministrazioni con cui organizziamo questa commemorazione, a tutti i rappresentanti di Anpi, in particolare al presidente Anpi Milano e provincia Roberto Cenati, al presidente della sezione legnanese Primo Minelli e a tutti i presenti.

Oggi ci ritroviamo qui per fare memoria, perché esattamente 77 anni fa, il 31 ottobre 1944, Mauro Venegoni fu seviziato, mutilato, accecato e ucciso dalle squadre fasciste dopo essersi rifiutato di svelare i nomi dei partigiani del suo raggruppamento. E in questo luogo, dove sorge il cippo commemorativo, fu ritrovato il suo cadavere.

Ci troviamo, quindi, in un luogo della storia, uno dei tanti di un territorio così ricco di episodi di lotta al nazifascismo. E quella di Mauro Venegoni è stata una storia esemplare, una vicenda di straordinaria coerenza e onestà intellettuale. Un’onestà intellettuale che lo ha isolato, perché Mauro non combatteva soltanto la dittatura nazifascista, ma era anche un convinto antistalinista. Mauro Venegoni combatteva tutte le dittature, combatteva ogni ordinamento in cui l’uomo sottomette un altro uomo. Ed è per questo che Mauro Venegoni è stato sempre un uomo libero. Libero anche nei lunghi periodi di prigionia che ha conosciuto nella sua vita. Era libero perché il suo pensiero era libero. E se le squadre fasciste lo hanno ucciso, non hanno ucciso il suo pensiero e i suoi valori. Ed è intorno a quelli che ogni anno ci ritroviamo per ricordarlo.

Penso sarete d’accordo con me nel pensare che ogni anno non manchino buoni motivi per riflettere sulla vicenda di Mauro Vengoni. E che non manchino, in particolare, quest’anno, in questo autunno che ha visto esponenti di formazioni neofasciste infiltrarsi nelle manifestazioni contro l’obbligo del Green Pass. E poco importa qui stabilire se la presenza degli squadristi fosse mera convenienza o vera convinzione: conta che sia venuto alla luce del sole un fenomeno che l’Anpi, a tutti i livelli della sua associazione, non si è mai stancata di denunciare da molti anni a questa parte. Ci siamo sentiti dire il fascismo era un argomento di storia e che noi lo agitavamo come spauracchio perché privi di veri argomenti. E se dopo i fatti di Roma di qualche settimana fa tutti hanno espresso solidarietà al segretario della Cgil, molto diverse sono state le letture dell’accaduto e divergente l’attribuzione delle responsabilità.

Ma i fatti e le responsabilità dei suoi autori sono chiarissimi: “Portateci da Landini o lo andiamo a prendere noi” oppure “Oggi ci prendiamo Roma” sono frasi che non lasciano dubbi. Sono frasi di chi, orgogliosamente, si proclama fascista. E sono frasi che non possono lasciare nessuno indifferente.

Oggi, anche se in misura non così drammatica come ai tempi di Mauro Venegoni, si impone una scelta di campo. Delle due l’una: o si prendono le distanze da questi fenomeni e si lavora insieme per evitarli o sarà sempre più complesso sradicarli. Per questo occorre dare seguito al più presto alle mozioni in cui si chiede lo scioglimento di Forza Nuova e di tutti i movimenti politici di ispirazione fascista. È necessario, perché è più che mai necessario dare attuazione a un dettato che è nella nostra Costituzione. La Costituzione che nasce dai valori della Resistenza e della Lotta di Liberazione. La Costituzione che nasce grazie al sacrificio e alla lezione di uomini come Mauro Venegoni. È vergognoso, se pensiamo alla sua uccisione e a quella delle altre vittime dello squadrismo fascista e di tutti i totalitarismi, sentir parlare oggi di dittatura del Green Pass. È vergognoso porre sullo stesso piano un regime che ha messo fuori legge tutti i partiti e in carcere e al confino gli oppositori e un governo che, per uscire una volta per tutte da una pandemia, chiede di rispettare misure per tutelare se stessi e gli altri. Ma questo fa parte di una strategia mistificatoria di cui il fascismo si è sempre servito.

Non volevo credere ai miei occhi quando, il 6 gennaio, ho visto in televisione l’assalto a Capitol Hill. Era vero purtroppo, ma era lontano. Qualche settimana fa, invece, quella minaccia si è materializzata da noi, in una forma che conosce bene chi studia la storia e non la dimentica. Perché episodi come quelli sono le basi su cui si è costruito il ventennio della dittatura fascista. Allora quei fatti furono sottovalutati dalle istituzioni, ma oggi, per il rispetto di quello che è accaduto, non lo dobbiamo permettere. In un momento in cui necessita uno sforzo collettivo per vincere la battaglia contro il Covid-19, non possiamo permettere che il virus del fascismo si propaghi. Il vaccino c’è: sono i valori della democrazia, del sapere scientifico, della tolleranza e della solidarietà. Ma anche della fermezza perché, come ha detto pochi giorni fa il Capo dello Stato Sergio Mattarella: “Non possono prevalere i pochi che vogliono imporre le loro teorie antiscientifiche, con una violenza a volte insensata”.

E ancora, del discorso che il Presidente della Repubblica ha tenuto in occasione della consegna delle insegne di Cavaliere “Al merito del Lavoro”, credo che tutti dovremmo fare tesoro della direzione indicata per uscire dalla pandemia: “La ripartenza è una strada nuova e dobbiamo percorrerla con determinazione e speranza come nel dopoguerra, con il concorso di forze e persone”. È un invito, quello del Presidente, a stare uniti, a tenere nel mirino un obiettivo condiviso e a saper superare, in nome del bene comune, quello che ci divide. Un discorso che è diametralmente opposto alla logica della propaganda fascista, sempre pronta a soffiare sul malcontento, a creare contrapposizioni e a far salire la tensione.

Ma del discorso del Presidente non si può fare a meno di cogliere quel riferimento al Dopoguerra che ci riporta a uno snodo cruciale della nostra storia moderna. L’Italia si lasciò alle spalle un ventennio di dittatura, un ventennio in cui l’uguaglianza fra gli uomini era stata cancellata. L’Italia, pur fra mille difficoltà, ritrovò allora le sue migliori risorse per ricostruirsi materialmente e moralmente, si dotò di quella che è considerata la più bella Costituzione del mondo, crebbe e, con lei, crebbero gradualmente le possibilità per tutti di realizzarsi e di vivere una vita finalmente normale.

Ed è giusto ricordare come quel Dopoguerra, quel mondo che aveva sconfitto il nazifascismo sia nato anche qui, nei campi in cui Mauro Venegoni ha testimoniato, con il sacrificio della vita, la sua fede incrollabile nei valori della giustizia, della libertà e della democrazia. Quei valori che oggi siamo chiamati a sostenere e difendere.

Lorenzo Radice

L’Anpi ricorda il sacrificio del legnanese Mauro Venegoni a Cassano Magnago

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