Il virus è più buono? Chiediamolo alla politica

virus politica riaperture confusione

Bene, superata la fase 1 e la fase 1 e mezzo, da lunedì 18 entreremo nella fase 2, quella del “riapriamo tutto o quasi”, del “liberi tutti ma non ancora”, del “peggio è passato ma non si sa”. Ci entriamo al prezzo di una marea di decreti, norme, inviti, raccomandazioni, prescrizioni, divieti e, attenzione, con il dubbio che il virus potrebbe riacutizzare la sua virulenza con una seconda ondata.

Chi la sa lunga sostiene che molto dipende da noi, dai nostri comportamenti, dal cosiddetto distanziamento sociale, che vale un metro sui mezzi pubblici, due in un negozio, tre al bar, quattro al ristorante, cinque, sei o anche dieci ( quadrati o cubi?) in spiaggia. Sì, in spiaggia, esposti al sole, in una condizione ambientale che impedisce o, comunque, limita di molto i possibili contagi. Sempre quelli che la sanno lunga ci assicurano che debba essere così. Punto. Benché gli esperti che tracciano le linee della nostra nuova vita non siano tutti d’accordo, forse neanche con sé stessi. E allora,scontato che non potremo per il momento fare come ci pare,  dovremo per forza di cose basarci sul nostro buon senso, a cui tutti fanno appello e in pochi vi fanno concreto riferimento. Ovvio. Certo, ovvio, ma nel clima di confusione che ci circonda, dentro il quale ciascuno dice la sua contraddicendo e contraddicendosi, non possiamo fare altrimenti. Le regole si sovrappongono alle regole, sia sul versante amministrativo, tra governo e regioni, tra regioni e comuni; sia sul versante sanitario.

Nel ginepraio di annunci e smentite balza all’occhio la questione del coronavirus che sarebbe diventato più buono. Apparteniamo al partito dell’”andiamoci piano, ci vuole prudenza”, ci riesce però difficile accettare che ogni qualvolta ci sia una notizia meno negativa delle altre, spunti subito fuori il virologo o l’immunologo, insomma, l’esperto, che ne contesti il merito. Il nodo è che tra le Cassandre o, se preferite, gli uccelli del malaugurio, si annidano anche coloro che tre mesi fa sostenevano che ammalarsi di Covid-19 equivalesse a poco più di un’influenza.

I dati sono però inconfutabili, basti riferirsi al numero in decrescita dei ricoveri, specialmente nelle terapie intensive, per supporre che il contesto stia migliorando. Non serve essere un epidemiologo per affermare ciò che appare evidente. Eppure si susseguono interventi che dipingono scenari apocalittici da qui ai prossimi mesi, una fine del mondo contro la quale l’umanità è disarmata. Possibile? Con il coronavirus non c’è da scherzare, oramai l’abbiamo capito, ma forse bisognerebbe, fermo restando i comportamenti responsabili di ciascuno di noi, dare spazio anche alla speranza. Dovrebbero rendersene conto soprattutto i politici, che sinora ne hanno combinate più di Bertoldo, che continuano a pontificare e a incasinare la vita di tutti noi con i loro schizofrenici provvedimenti, scritti in ostrogoto, votati alla burocrazia e al tecnicismo più esasperati, tanto che riaccendere i motori è oggi più difficile che spegnerli. Infatti, molti commercianti e titolari di attività non riusciranno a rialzare le saracinesche dei loro negozi e laboratori. E se le rialzeranno dovranno comunque pagare pegno al prolungato lockdown, alla prescrizioni insostenibili e al cassetto rimasto vuoto.

Politici e virologi superstar dell’informazione, anzi, dell’infodemia, pessimo neologismo con cui si definisce l’alluvione di informazioni, generatrice del disorientamento collettivo, dentro cui il virus nuota felice. Sperando che prima o poi finisca per annegare.

virus politica riaperture confusione – MALPENSA24