Test sierologici solo su base volontaria. Come possono fermare il contagio?

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Il giorno 14 aprile, l’Azienda Sanitaria, ASST Valle Olona, che comprende gli ospedali di Busto Arsizio, Gallarate, Saronno e Somma Lombardo, annunciava la decisione di accogliere la richiesta dei sindacati, nel rispetto della circolare ministeriale datata 3 aprile, di eseguire tamponi a tutti i propri dipendenti, al fine di individuare precocemente lavoratori potenzialmente e inconsapevolmente diffusori del virus, in quanto asintomatici/paucisintomatici.

Purtroppo, il giorno dopo, una nuova nota aziendale informa le organizzazioni sindacali e tutti i lavoratori che l’esecuzione dei tamponi era sospesa per mancanza di laboratori dove inviare i campione da esaminare.

Finalmente il 20 aprile una nuova nota comunica alle solite sigle sindcali e a tutti i lavoratori che lo screening tra gli operatori, per la diagnosi precoce dell’infezione, riprenderà e che “…lo specifico calendario giornaliero verrà predisposto in base alla disponibilità degli slot per la processione dei tamponi”.

Passano i giorni e nessun’altra comunicazione segue alla nota del 20 aprile. L’assoluto silenzio dell’Azienda dura fino al 7 maggio, quando invia un’ulteriore informativa.

L’informativa aziendale, questa volta porta all’attenzione di sindacati e dipendenti, la nota, protocollo n. G1.2020.0017959 DEL 22.04.2020, con la quale Regione Lombardia ha inteso promuovere un programma di screening COVID-19 per gli operatori del sistema sanitario e socio-sanitario regionale a tutela degli operatori stessi ma anche del paziente. In questa nuova comunicazione si parla di test sierologici e conseguenti possibili tamponi, legati al risultato del test.

Nella nota, purtroppo, è evidenziato un passaggio che sottolinea la necessaria adesione VOLONTARIA, di ogni lavoratore.

Scusate, parliamo di tutela della salute di lavoratori e cittadini, nonché di cercare di ridurre ulteriori possibili contagi, spezzando pericolose catene e la Regione Lombardia rende il test volontario?

Non stiamo parlando di obbligare il cittadino a un trattamento sanitario, bensì a dei test, che servono a verificare l’eventuale positività o no, degli  operatori sanitari. Ricordiamo che in caso di positività, l’operatore sarebbe obbligato alla quarantena e quindi ad evitare contatti con pazienti e con comuni cittadini lungo le strade, nei supermercati, nelle farmacie o in altri luoghi.

Questa operazione di monitoraggio di tutti gli operatori sanitari, si rende ancor più necessario nel momento in cui, la Regione Lombardia ha già dato mandato a tutte le strutture sanitarie di ripristinare i loro stati iniziali, quindi di adoperarsi, con le dovute cautele, per le riaperture di tutti i reparti e di tutti i servizi. Contestualmente invita le Aziende a riattivare anche tutti i servizi, riprogrammando tutte quelle prestazioni, visite e/o esami diagnostici che erano stati sospesi durante l’emergenza coronavirus.

Se non vengono fatti controlli a tappeto, rischiamo che i nuovi pazienti che verranno ricoverati per altre patologie e/o che verranno ad eseguire esami di diagnostica o altro, potrebbero venire a contatto con degli operatori positivi asintomatici rischiando di riaccendere nuovi focolai, e attivare nuove pericolose catene, come, purtroppo è già avvenuto, ad esempio in molte RSA o reparti ospedalieri, anche della nostra provincia.

Oltretutto, tra i molteplici aspetti negativi da segnalare pare che l’azienda avrebbe deciso di testare soltanto l’eventuale presenza dell’ IGG (memoria storica del possibile contagio) escludendo le IGM, che segnale eventuali contatti recenti. Un paziente potrebbe essere negativo alle IGG  ma non è escluso che possa essere negativo, in quanto potrebbe aver avuto un contagio pochi giorni fa. In questo caso le IGM l’avrebbero rilevato perché segnalano,  appunto, la presenza del contagio avvenuto pochi giorni prima.

Inoltre mi chiedo: cosa serve sbandierare prossime sanificazioni (che comunque avranno dei costi) se poi dopo averle eseguite, rimetto dentro i locali sanificati personale che potrebbe essere positivo asintomatico?

Oltre a quanto sopra espresso, rispetto alla volontarietà di aderire ai test, nutro dei timori legati alla possibilità che qualche lavoratore possa sottrarsi alla partecipazione allo screening.

Queste mie perplessità, sono legate ad un mio ragionamento che provo a spiegare nel miglior modo possibile.

Che vantaggio avrebbero gli operatori sanitari che oggi stanno ancora lavorando perché stanno bene e che sono stati sempre in prima linea a rischiare la vita a sottoporsi a questo screening?

Sicuramente di dimostrare di essere dei cittadini onesti, rispettosi del prossimo e di se stessi nonché di evidenziare alcuni sani valori come l’altruismo e la solidarietà. In un mondo dove l’egoismo trionfa sempre più, non è affatto poco.

Nella comunicazione aziendale c’è scritto che chi aderisce al test, in caso di riscontro di anticorpi, dovrà automaticamente sottoporsi a tampone per vedere se è positivo oppure no.

Ed è proprio nel caso in cui dovrebbero sottoporsi al tampone che potrebbe nascere una certa reticenza dei lavoratori nell’aderire oppure no, allo screening.

La paura di poter essere trovato positivo e quindi alla conseguente messa in quarantena, sua e di tutti i familiari, per 14 o più giorni (come ben sappiamo, ci sono casi di pazienti che si sono negativizzati dopo 20 o 30 giorni, o addirittura dopo 40 giorni, come nel caso del famoso giocatore della Juventus, Dybala) potrebbe far scattare questa molla.

Qualche lavoratore potrebbe pensare: ho trascorso tre mesi in prima linea e oggi che finalmente si ricomincia ad assaporare la libertà, dovrei rischiare la quarantena per e me e la mia famiglia se dovessero trovarmi positivo ai test e al tampone?

Ma perché dovrei rischiare di rimanere bloccato? Chi me lo fa fare? Io sto bene sono asintomatico; mi hanno sempre fatto lavorare; mai un tampone; mai nessuno si è preoccupato della mia salute, e poi, il test non è neppure obbligatorio, se la Regione ha deciso così, evidentemente non sarà cosi importante!

Certo è un ragionamento egoistico, ma possibilistico, anche in virtù del fatto, come già detto, che rendere il test volontario, può essere inteso come un messaggio inviato dalle istituzioni, di scarsa importanza e

quindi un modo per avere meno sensi di colpa, nel caso in cui alcuni operatori dovessero scegliere di non aderire allo screening.

A mal pensare forse la Regione è proprio quello che vuole, risparmiare soldi dei test, avere più gente in servizio e far ricadere sui lavoratori stessi eventuali responsabilità in caso si ammalassero. Non sono un avvocato, ma questa mia ultima supposizione potrebbe essere smontata, in quanto, proprio perché non resi obbligatori, non dovrebbero in incidere su eventuali future malattie legate al coronavirus.

Cari politici, avete chiesto e continuate a chiedere a tutti i cittadini dei grossi sacrifici per poter uscire il prima possibile da questa gravissima situazione.

Giustamente, in nome di tutti i cittadini, vi arrabbiate e vi indignate quando qualcuno non si comporta come dovrebbe, e di contro, cosa fate? Scelte incomprensibili se non scellerate che rischiano di vanificare tutti i sacrifici che ognuno di noi ha compiuto.

Augurandomi che tutto ciò non stia avvenendo anche in altre Aziende ospedaliere della Lombardia, ne approfitto per ricordare che, la Regione, le Aziende Ospedaliere, i Sindaci, le ATS territoriali, concorrono tutti, ognuno per le proprie competenze e responsabilità, alla tutela e prevenzione della salute, nonché degli infortuni sul lavoro, pertanto chiedo a voi tutti, nel rispetto e a tutela della salute di tutti i cittadini e dell’articolo 32 della Costituzione di verificare e valutare quanto da me esposto, intervenendo tempestivamente per bloccare questo possibile macabro meccanismo.

Operatore sanitario professionista

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