Il volontariato e il bimbo perso nel bosco

caffè pellerin

 di Ivanoe Pellerin

Cari amici vicini e lontani, il mondo del volontariato è intorno a noi ma non è noto a tutti. Cercherò di delinearlo succintamente. Coloro che sono colpiti da una grave malattia a volte cronica, a volte evolutiva e ahimè a volte inguaribile conoscono più che bene l’importanza dell’azione dei benevolenti, dei volontari, di quelle persone che dedicano una parte del loro prezioso tempo al servizio dei più bisognosi. Qualche tempo fa, bastava uno spirito solidale e ben disposto all’aiuto all’altro per poter accedere alle schiere del volontariato. Oggi non è più così.
Oggi il volontario deve essere valutato e formato attraverso un percorso assolutamente preciso e ineccepibile da parte di professionisti all’uopo predisposti (di solito psicologi) al fine di poter valutare anche i diversi ruoli che eventualmente possono essere attribuiti, dopo aver riconosciuto ed ascoltato gli intendimenti e le possibilità messe in campo da ciascuno. Naturalmente il volontario non si sostituisce al personale professionale nell’erogazione delle cure ma si affianca e si coordina con esso per le attività di supporto. Formato dunque per affrontare i problemi connessi con una situazione di malattia, il volontario può assumere il ruolo di trait d’union fra il paziente, la famiglia e il personale sanitario con cui condivide gli obiettivi. Il volontario non si presenta a titolo personale, ma deve essere riconoscibile per il ruolo che esercita e per l’Organizzazione a cui appartiene. Deve tenere inoltre conto delle specificità del contesto di cura in cui opera.
Proprio in base alle caratteristiche dell’Organizzazione di provenienza, il volontario può svolgere non solo le attività che presuppongono un contatto diretto con il malato e la sua famiglia ma anche quelle funzionali all’Organizzazione e alla promozione culturale e informativa sulla salute in genere e/o sulle cure specifiche proposte dal gruppo al quale fa riferimento. Le attività di sostegno relazionale e sociale al malato e alla famiglia comprendono diversi ambiti. Sono attività assistenziali caratteristiche del volontario: la facilitazione nel mantenimento di una comunicazione continua tra malato e familiare ed il servizio di assistenza; il supporto nell’espletamento delle attività della vita quotidiana; l’affiancamento al malato e l’aiuto alla famiglia nella gestione organizzativa della giornata, garantendo una presenza nei periodi di temporanea assenza dei familiari.  
Ciò che rende insostituibile il volontario operante all’interno del servizio sanitario nazionale nel far fronte ai bisogni del malato e della sua famiglia è la sua capacità di instaurare relazioni significative e di operare un aiuto attivo sia per le necessità più semplici sia per quelle più complesse. E vi assicuro che vi è un bisogno incredibile. Inoltre attraverso l’ascolto attivo, il volontario offre la possibilità al malato ed ai familiari di comunicare i loro vissuti emotivi, trasmettendo comprensione e vicinanza nel rispetto dei rapporti e dei ruoli preesistenti.
Amici miei, un lavoro davvero difficile ed incredibilmente importante. Pensiamoci, forse anche noi abbiamo un pochino di tempo e di azione da regalare a chi ha davvero bisogno.
Un ex ministro dell’economia in un suo libro, “La paura e la speranza” del 2008, afferma che “nella vita c’è qualcosa di più del freddo calcolo delle ore, dei coefficienti, dei parametri di conto: ci sono generosità e passione, responsabilità e umanità. Questa compagine di volontari costituisce il terzo settore. Un settore che dà moltissimo e che riceve pochissimo. … dare di più a favore del volontariato, non sarebbe un costo ma un investimento. Non una spesa ma un risparmio.  …  per una società che in futuro sarà relativamente sempre più vecchia e sempre meno ricca, il volontariato è l’unica speranza per produrre, con costi limitati ma con effetti di ritorno quasi illimitati, la massa crescente di servizi sociali di cui abbiamo sempre più bisogno per quantità e qualità.”
Io sono assolutamente d’accordo. Il mondo del volontariato ha bisogno di straordinaria attenzione, di evidenti riconoscimenti, di grandi incentivi. È un mondo che richiede tensione morale, investimenti ideali, impegni profondi. Le mie brevi parole non vogliono fare riferimento all’individuo e/o alla persona, alla sua dimensione morale o a quella spirituale. Ma proprio per scorgere ciò che è difficile vedere, per sentire ciò che è difficile percepire, vi voglio raccontare una storia che vi porgo con l’auspicio che vogliate seguirmi in questo brevissima narrazione fra le ragioni della mente e quelle del cuore, che è il vostro cuore, che è il nostro cuore, che possiamo mettere con generosità a disposizione dei più bisognosi fra di noi.
È la storia di un bambino Filippo che, durante un’escursione con il padre Giovanni, raggiunge una baita sulle montagne del Friuli e poi, per una serie di circostanze fortuite, si perde nel bosco al calar delle tenebre. Nella notte, sempre più disperati, i genitori ed i soccorritori illuminano il bosco con le pile. Il cielo sembra essere sceso sui monti con le sue stelle.
Ma è un cielo gelido e sordo. Filippo è perduto tanto più che il piccolo ha qualche problema nel districarsi per il mondo, non parla o quasi, non distingue la provenienza dei suoni. Insomma ha dei problemi non piccoli. O lo si recuperava prendendolo in braccio o lui non avrebbe mai risposto a un grido o a un richiamo e sarebbe morto.
Gli esperti del soccorso alpino, i cani professionisti di piste e di odori, gli uomini della protezione civile non trovano Filippo
 La mamma Roberta libera Kim, il compagno fedele dei giochi del bambino, il suo grande amico senza nobili discendenze e senza professione certa. E il cane trafelato, senza esitazione, si lancia su per l’impervia montagna, seguendo la pista del cuore che pulsa. I soccorritori si perdono nel bosco oppure non credono a quella bestia nera e travagliata. Roberta e Giovanni invece si e, da lontano, vedono quel fagotto di pelo accucciarsi vicino ad un altro fagotto, dietro ad un alto faggio. Kim ha trovato Filippo. I volontari lo avvolgono in una coperta e scendono verso la mamma che quasi si ammazza per andare su dove c’è la vita della sua vita.
Questa è la storia. Cosa c’è dentro a questa storia che sfugge alla nostra matematica del vivere? Cosa c’è che non fa tornare i conti del nostro scetticismo? Del nostro schema inevitabile del causa-effetto?
C’è qualcosa nel fondo della natura, persino nel guaito di un cane che ci ricorda chi siamo e per che cosa siamo fatti. Qualcosa che è più della somma delle molecole e delle onde sonore. Qualcosa grida amore anche nel respiro di un bosco e nel fiato di un pastore tedesco. Di più. Se ponete molta attenzione, se ascoltate con tutti i vostri sensi accesi, se guardate le mura della vostra casa e oltre le vostre mura, qualcosa grida amore anche nell’aria sofferta e pulita di un Hospice tutto dipinto di giallo.  Noi non percepiamo mai questo rumore lieve che è quasi un gorgoglio di simpatia che avvolge il mondo. Noi adesso però ne sentiamo come un’eco che mette voglia di vivere.

Volontariato filippo pellerin – MALPENSA24