In marcia per affermare il diritto all’illegalità

sinti leggi gallarate

Nel suo comizio sul sagrato della basilica di Gallarate, durante la manifestazione di oggi, mercoledì 21 novembre, l’attivista politica e attrice serba, Dijana Pavlović, ha tra l’altro sostenuto che alcune leggi sono sbagliate. E ha fatto l’esempio delle leggi razziali, promulgate ottant’anni fa in pieno regime fascista. Un accostamento azzardato, se proprio vogliamo essere buoni. La Pavlović si riferiva alle norme che la comunità sinti gallaratese, scesa in piazza per protestare contro l’imminente sgombero del  campo di via Lazzaretto, ha disatteso per realizzare una raffica di abusi edilizi. Abusi che, proprio in virtù delle stesse norme, legittimano l’azione delle ruspe.

Sulla base di quali valutazioni giuridiche si fondini certe conclusioni non sapremmo dire. Leggi sbagliate per il fatto che non permettono di costruire un qualunque manufatto al di fuori dei perimetri del regolamento edilizio? Oppure, leggi sbagliate perché consentono a un sindaco, nella fattispecie il primo cittadino di Gallarate, di intervenire per ripristinare la legalità? Nell’uno o nell’altro caso, sbagliate sono le convinzioni della signora Pavlović, a meno che ella ritenga che tutti i cittadini gallaratesi, che invece ottemperano alle disposizioni vigenti, siano degli imbecilli. E che nel giusto si trovino i sinti, diventati a questo punto vittime di un sistema altrettanto sbagliato.

Ora, che essi si facciano scudo dei bambini e degli anziani ospiti del campo, proponendo la disumanità di coloro che intendono cacciarli, è inaccettabile e persino immorale. Che il villaggio di via Lazzaretto fosse l’emblema dell’abusivismo è noto da tempo, addirittura da anni. Chiunque si trovasse in simili situazioni correrebbe ai ripari, evitando di subire i rigori della legge, sbagliata o no che sia. Si tratta di una scelta pratica, di opportunità e di salvaguardia dei propri cari, dei bambini e degli anziani, appunto. A nessuno verrebbe in mente di marciare sul municipio per affermare il proprio diritto all’illegalità, cercando nel contempo la solidarietà degli altri cittadini. Quelli che pagano tasse e bollette delle varie utenze, non  inventano scuse per raggirare gli obblighi della civile convivenza, né pretendono che sia il Comune a reggere oneri che sono invece personali o, al massimo, delle singole famiglie.

Qualcuno obietterà che la cultura dei nomadi, rom o sinti che siano, differisce dalle altre. Una diversità storica e identitaria, di usi e costumi, che impone tolleranza e comprensione. Però a una condizione: che si rispettino le leggi. Qual è il motivo per cui essi possano godere di una sorta di immunità e, quindi, di impunità? Se esiste una diversità, quando ci si proclama cittadini gallaratesi a tutti gli effetti (i sinti lo ribadiscono in ogni occasione) è necessario restare entro confini chiari, precisi, inderogabili, i confini della legalità. Tutto ciò detto in piena libertà da appartenenze politiche e da cifre che rimandano alle stesse, infami leggi razziali richiamate da Dijana Pavlović. Che in questa vicenda non entrano neanche di striscio.

 

Sinti leggi gallarate – MALPENSA24