Inchiesta Mensa dei poveri: quale politico è meglio?

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“Chi brama il potere si dimostrerà senza dubbio il più bravo  ad ottenerlo, ma il peggiore nel mantenerlo” è un  dato  confermato più e più volte dalla storia ad ogni livello di grandezza dalle vicende più insignificanti fino alle tragedie più devastanti. Parlando di potere politico quindi chiedersi se sia meglio un politico ladro ma competente piuttosto che uno onesto ma incapace è come cercare la corda più confortevole per l’impiccato. Se ne può intuire vagamente il movente solo partendo dalla frustrazione  di chi ormai  non sa più distinguere quale  sia il “meno peggio” cui aspirare e non c’è da stupirsi se in molta parte dell’opinione pubblica tale sensazione sia ormai consolidata. Ma davvero i nostri “politici”,  per lo meno quelli più vicini a noi, sono arrivati ad una simile drammatica alternativa? Istintivamente  anche a me verrebbe una risposta affermativa… ma poi?

Le lucide e veritiere considerazioni di Coronetti, le sue serie riflessioni su quanto accaduto nella nostra provincia dopo le accuse della magistratura ad un sistema di corruzione e di interessenze incrociate che molti conoscevano o anche solo intuivano e che i più accettavano (forse nella prospettiva che prima o poi venisse il proprio turno) dove portano? Se c’è del buono anche nei peggiori ladroni che tali restano , se l’onestà non basta a un incapace che tale resta, se –ammesso e non concesso- spazzati via gli HUB del malaffare restano solo miseri rincalzi allora cosa è meglio? Cosa sperare dalla politica? Esisterà mai una persona tanto onesta quanto competente? ne conosciamo? Dove si trovano? Come si costruiscono  se il “primato” della persona (sacrosanto) è stato via, via compresso  e annichilito dal primato dell’individuo concentrato su di sé?

In verità l’individualismo lo sperimentiamo un po’ tutti, ma  è sì più stridente  nella classe politica specie nei suoi livelli dirigenziali dove sta emergendo un nuovo genere di organismo, una cellula staminale “pluripotente” difficilmente in grado poi – differenziandosi-  di comprensione e di compensazione  fra più fattori compresa la  sintesi fra onestà e competenza. No,  da qui evidentemente non se ne esce.

Dobbiamo tornare alla realtà, a ciò che la costituisce, alle persone che la vivono e alle interazioni che la rendono certa e affascinante. Cioè torniamo a noi e alla nostra fragilità così provata in questi mesi dall’infinitamente piccolo: un virus.

Questa nostra fragilità che può sembrare un “limite” è invece l’essenza del crescere umano. In lei è la consistenza dello stare assieme, il partecipare e sentirsi parte di un popolo. Cosa diavolo sia successo alla politica in questi ultimi 30 anni non lo so, cosa ne verrà dall’inchiesta “mensa dei poveri” ancora meno. So per certo che se non torniamo a rimetterci in gioco partendo ognuno dal proprio limite, accettando quello degli altri e mettendo insieme ognuno le proprie capacità – senza la pretesa di sapere tutto o di manovrare tutto – difficilmente troveremo una via di uscita che non sia autoritaria.

Dario Bonzini
Cassano Magnago

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