Covid, «potevano esserci 4mila morti in meno»: le accuse dei Pm di Bergamo

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BERGAMO – «La diffusione dell’epidemia Sars covid-19 in Val Seriana, inclusi i comuni di Alzano Lombardo e Nembro, mediante un incremento stimato non inferiore al contatto di 4148, persone pari al numero dei decessi in meno che si sarebbero verificati in provincia di Bergamo, rispetto all’eccesso di mortalità registrato in quel periodo ove fosse stata estesa la zona rossa a partire dal 27 febbraio. Con l’aggravante di aver cagionato la morte di più persone in Bergamo e provincia dal 26 febbraio al 2 marzo 2020». Pesano come macigni le accuse del pool di magistrati della Procura di Bergamo, contenute nelle 35 pagine di chiusura indagini sulla gestione dell’emergenza Covid in Lombardia, tra gennaio e marzo di tre anni fa, depositata il 20 febbraio scorso. I pm, con un lavoro certosino, hanno documentato i presunti illeciti, colpe e omissioni, per i quali sono indagati l’ex Presidente del Consiglio Conte, l’ex ministro della Salute Speranza, l’ex assessore al Welfare di Regione Lombardia Giulio Gallera e il Presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana.

Gli altri indagati

Insieme a loro, a vario titolo e con particolare attenzione alla non attuazione e predisposizione di un piano di intervento pandemico e alla mancata istituzione di una zona rossa in tutta la provincia di Bergamo, sono indagati anche Claudio D’Amario, direttore generale della prevenzione sanitaria del Ministero della Salute, oltre che direttore operativo del Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle malattie, deputato all’applicazione del Piano Nazionale di preparazione risposta alla pandemia influenzale del 2006, Angelo Borrelli quale capo Dipartimento della Protezione Civile, Luigi Cajazzo quale direttore generale della Sanità di Regione Lombardia, e Silvio Brusaferro, in qualità di direttore dell’Istituto Superiore della Sanità. Tutti insieme sono accusati, insieme a Gallera, di non aver attuato il piano pandemico regionale, oltre che del mancato coordinamento per l’attuazione del Piano Nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale del 2006.

La lunga lista di accuse

Sono accusati inoltre di non aver dato seguito alle raccomandazioni dell’OMS del 5 gennaio 2020, che attraverso una circolare del Ministero della Salute ha raccomandato le misure di sanità pubblica sulla sorveglianza dell’influenza e delle gravi infezioni respiratorie acute, diramata anche alle regioni, da cui seguiva l’ingresso dell’Italia nella fase 3 del Piano Nazionale di preparazione e risposta per una pandemia influenzale del 26/2. Sono accusati anche di aver ignorato un report del 20 gennaio 2020 intitolato “epidemiological update”, con cui era indicata l’applicazione dello stesso approccio previsto per la Sars e la sindrome del medioriente, e per aver ignorato l’allerta OMS del 23 gennaio 2020 che riportava la diffusione del virus con decessi in Giappone, Repubblica di Corea, Singapore, Thailandia, Stati Uniti d’America e Vietnam, e la dichiarazione del 31 gennaio 2020 con la quale l’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiarava che i coronavirus a rappresentavano un’emergenza internazionale di sanità pubblica e il successivo documento del 4 febbraio 2020, con il quale si raccomandava di affrontare l’emergenza pandemica implementando il Piano pandemico. Nello specifico, Brusaferro è accusato di aver proposto di non dare attuazione al piano pandemico prospettando azione alternative, così impedendo l’adozione tempestiva delle misure in esso previste. Caiazzo e Gallera per aver omesso di predisporre un piano pandemico regionale di preparazione e risposta, oltre che in coordinamento con gli organi statali per l’attuazione del Piano Nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale. Angelo Borrelli e Claudio D’Amario anche di «non aver di aver omesso azioni di sorveglianza, non mettere appunto attuali protocolli di sorveglianza per i viaggiatori provenienti dalle aree affette con riguardo i voli indiretti limitando la sorveglianza solo ai voli diretti per l’Italia». 

Le accuse vertono anche sulla mancata verifica tempestiva delle dotazioni di DPI (guanti mascherine tute e sovrascarpe) per il personale sanitario inoltrato soltanto, effettuata soltanto il 4 febbraio 2020 e per aver provveduto solo in data 6 marzo una procedura negoziata per l’acquisto di dispositivi medici per terapia intensiva e subintensiva. E, ancora, per aver provveduto solo il 24 febbraio 2020 al censimento dei reparti di malattie infettive pubblici equiparati pubblici e nelle case di cura private e accreditate, nonché al numero di ventilatori polmonari presenti nelle strutture di ricovero, dati peraltro aggiornati al 2018, nonostante nel piando pandemico datato 2006 questo fosse previsto già nella fase 1. Inoltre le accuse riguardano anche la mancata e adeguata formazione del personale sanitario, anche mediante lo svolgimento di specifiche esercitazioni successive al 5 gennaio 2020 e nel non predisporre un piano di formazione per il contrasto alla diffusione del virus.

La mancata “zona rossa”

Silvio Brusaferro e altri, in cooperazione colposa fra loro con Attilio Fontana e con Giuseppe Conte sono accusati di per aver valutato, nel corso di una riunione del CTS del 26 febbraio 2020, non sussistenti le condizioni per l’estensione della zona rossa ad ulteriori aree della regione è in particolare comuni della Val Seriana, fra quali di Alzano Lombardo e Membro, per non averlo fatto neppure il giorno successivo, limitandosi a proporre, il 28 febbraio 2020, esclusivamente misure integrative espressamente ispirate ad un principio di proporzionalità ed adeguatezza. Questo nonostante il CTS fosse a conoscenza del numero di casi (531) registrati fino a quel momento in Regione Lombardia ed il relativo incremento rispetto ai giorni precedenti. 
Secondo i magistrati il loro agire ha causato così la diffusione dell’epidemia Sars covid-19 in Val Seriana.
Attilio Fontana è accusato in concorso con Giuseppe Conte, dell’omissione di adozione di misure di contenimento adeguate e proporzionate all’evolversi della situazione, e di aver chiesto, tramite due email del 7 febbraio 28 febbraio, al Presidente del Consiglio dei Ministri, il sostanziale mantenimento delle misure di contenimento già vigenti in Regione Lombardia, non segnalando alcune criticità relative alla diffusione del contagio nei comuni della Val Seriana e dunque non richiedendo ulteriori più stringenti misure di contenimento cagionava così la diffusione dell’epidemia Sars COV 2.

indagine covid fontana conte – MALPENSA24