La magnifica eccezione del nuovo ponte di Genova

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Basta volerlo. Scontata deduzione alla notizia che l’ultimo impalcato del ponte sul Polcevera, a Genova, è stato issato. Ci sono voluti pochi mesi dall’apertura del cantiere, dopo il crollo del ponte Morandi, nell’agosto di due anni fa. Pochi mesi per progettare, finanziare e dare inizio ai lavori. Tanto che entro la metà del mese di luglio, Ponente e Levante ligure,  saranno di nuovo collegati in via definitiva: si potrà transitare sulla struttura.

Oggi, 28 aprile, c’era anche il premier Giuseppe Conte a sottolineare l’importanza dell’operazione, frutto di riconosciute competenze e qualità costruttive. La città della Lanterna ha trovato legittimo motivo per festeggiare. Nonostante tutto. Nonostante le vittime di quel maledetto giorno d’estate. Nonostante l’emergenza Covid che non ha rallentato i lavori. Qui torniamo a quel “basta volerlo” iniziale, che pone in luce come sia possibile anche nel nostro complicato Paese superare lungaggini, impedimenti burocratici, codici e codicilli, commissioni, comitati e task force che frenano la realizzazione delle opere pubbliche.

Appunto, basta volerlo. Non è soltanto una questione di procedure, ma soprattutto di scelte politiche, di decisioni che neutralizzino le farraginose disposizioni che governano gli appalti e gli stessi lavori. Non significa assenza di regole, caso mai di vincere la burocrazia e lo strapotere di funzionari che Indro Montanelli paragonava ai Mandarini cinesi, indecifrabili nelle loro disposizioni con lo scopo di tenere tutto in stallo, a cominciare dagli uomini. Non è un caso che il loro linguaggio sia ostrogoto, niente a che vedere con la bellezza e la chiarezza della lingua italiana. Un ermetismo voluto, mascherato da un lessico molto tecnico e una sintassi inaccessibile a noi comuni mortali.

Detto questo, i legislatori, opportunamente sostenuti dai Mandarini di Roma, giustificano i gineprai dei protocolli per gli appalti anche con la necessità di evitare ruberie, che spesso dominano gli interventi pubblici in Italia. Ma i disonesti sguazzano a meraviglia nelle situazioni complesse, più che in quelle lineari, prive della necessità di interpretare norme, che nessuno, forse nemmeno chi le ha scritte, comprende. Più c’è fumo, più è facile rubare.

Chiarezza e vigilanza, senza dubbio. Perché un altro intoppo, foriero di inghippi, è appunto la mancanza di controlli. I furbi se ne avvantaggiano, a discapito del procedere dei lavori, dei cronoprogrammi e della qualità stessa del prodotto finale. Per dirla in un altro modo, i tempi di realizzazione si dilatano, l’efficienza scarseggia e chi è senza scrupoli banchetta.

Il ponte di Genova è quasi un miracolo. Conte dice che si tratta di un modello per l’Italia che si rialza. Ha ragione, ma forse è lui il primo a generare opacità in quello che fa e decide. Lo vediamo proprio in questi giorni nell’organizzazione della cosiddetta Fase 2 dell’emergenza Covid. Non vorremmo che invece di essere un modello, il cantiere del Polcevera diventi la classica eccezione che conferma la regola. Un’eccezione da applausi, ma pur sempre un’eccezione.

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