«La morte dell’operaio di Gallarate è solo una “tassa” per il profitto dei padroni»

gallarate morte operaio

Non ci si può limitare a qualche gesto di solidarietà verso le vittime e i loro parenti o a promesse di vario genere. Ed è un insulto continuare a fare annunci vuoti di significato e privi di soluzioni.

Non sappiamo in che circostanze sia avvenuto l’incidente, riteniamo però non si possa e non si debba pensare che morire al lavoro e di lavoro sia qualcosa di accettabile o tollerabile. Che queste morti siano una specie di “tassa” che si deve pagare per il “progresso”, per essere “competitivi”, per aumentare il profitto di quei padroni che sfruttano il lavoro altrui.

550 i lavoratori morti sui luoghi di lavoro dall’inizio dell’anno, 1042 complessivi con i morti sulle strade e in itinere. Altri 458 morti per infortunio da coronavirus. 219 i medici morti, 50 gli infermieri e innumerevoli altri lavoratori di tante categorie lavorative. È sempre l’agricoltori con oltre il 30% ad avere più morti sul lavoro, segue l’edilizia, l’autotrasporto e l’industria (dati dell’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro).

Una vera ecatombe. È indecente che un paese che si ritiene civile e democratico non agisca in maniera determinata e severa per sconfiggere la piaga degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali. Che non senta il bisogno di farlo anche con sanzioni durissime verso chi sfrutta il lavoro altrui e mette in pericolo l’incolumità e la vita stessa di chi lavora. Senza prescrizioni o attenuanti. E soprattutto senza indifferenza.

Osvaldo Bossi
(segretario Partito Comunista Gallarate)

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