La storia: «Il mio cuore si è fermato per 50 minuti. Salvato da medici e infermieri»

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BUSTO ARSIZIO – «Io ci ho messo il cuore. Loro – dice rivolgendosi al personale medico e infermieristico – l’anima. E mi hanno salvato la vita». Chi parla e riassume così l’accaduto è Roberto Porta Maffè, 73 anni di Sesto Calende. E la sua è una storia di cuore, il suo, che una mattina dello scorso settembre ha ha fatto le bizze per 50 minuti e ha dato filo da torcere alla moglie, che per prima ha praticato il massaggio cardiaco e poi a tutta la catena sanitaria fatta da medici, infermieri, personale della Croce rossa e cardiologi. Una squadra che ha lavorato mettendoci cuore e professionalità, per salvare (riuscendoci) la vita di quest’uomo.

Roberto Porta Maffè ora sta bene, regala anche qualche battuta ironica sulla sua disavventura e strappa lacrime di commozione a medici e direttori dell’ospedale di Busto Arsizio. Presenti, ieri mattina (martedì 10 dicembre), insieme a Guido Garzena, Responsabile AAT 118 Varese e Alto Milanese, area di Legnano, nonché Responsabile Cur Nue 112 Varese, per ascoltare la testimonianza dell’uomo che hanno salvato, ma anche per spiegare quanto, in situazioni di emergenza, sia fondamentale che ognuno faccia la sua parte, a partire da chi, pur non essendo medico, si trova a prestare il primissimo soccorso.

La storia

Alle 11.53 del 6 settembre 2019 un mezzo sanitario avanzato con infermiere del 118 viene inviato in codice rosso per soccorrere una persona colta da malore al suo domicilio, a Sesto Calende. Giunta sul posto l’infermiera trova il signor Roberto Porta Maffe’, 73 anni, in garage, sdraiato sul pavimento, mentre la moglie gli praticava il massaggio cardiaco supportata telefonicamente da un infermiere della Soreu dei Laghi. L’infermiera e il suo autista soccorritore si sostituiscono tempestivamente al prezioso aiuto avviato dalla moglie. Continuano il massaggio cardiaco, iniziano la ventilazione artificiale e utilizzano il defibrillatore. E l’inizio di 50 minuti lunghissimi, durante i quali il personale medico non si arrende alle bizze del cuore del paziente finché l’attività cardiaca non riprende in maniera stabile. A quel punto Maffè viene portato all’ospedale di Gallarate, ricoverato in Rianimazione e successivamente in Unità coronarica e poi in Cardiologia. Fino alla dimissione avvenuta 14 giorni dopo.

La catena del soccorso

Un lavoro di equipe. Tanto che l’intera catena del soccorso era presente per ascoltare il racconto dell’uomo a cui hanno ridato la vita. C’erano il direttore generale dell’Asst Valle Olona Eugenio Porfido, il direttore sanitario Paola Giuliani, la moglie Wanda, che per prima ha fatto la cosa giusta e poi l’infermiera del 118 Angela Cirigliano, il direttore dell’unità operativa di Cardiologia dell’ospedale di Gallarate Ivan Caico; il cardiologo dell’ospedale di Gallarate Giovanni Cianci; i cardiologi Stefania Falcone e Daniela Orsida e i soccorritori del Corpo Volontari, che quella mattina di settembre sono arrivati a casa di Maffè a prestare le prime cure.

Una vittoria di tutti

«Di fronte a storie come questa – ha riflettuto Guido Garzena – è bene riflettere su quanto la cultura dell’emergenza e tutta la catena del soccorso (a partire dal territorio sino a giungere agli Ospedali) grazie agli sforzi congiunti, sia un bene imprescindibile. Voglio citare il lavoro che insieme a tutte le Cardiologie della provincia e della Regione stiamo sviluppando per l’istituzione del “Registro arresto cardiocircolatorio, Lombardia Care”. Un lavoro importante che dimostra come siamo vicini all’8% di pazienti “ripresi” dopo un arresto cardiocircolatorio. Più volte ho stressato il concetto “insieme”: e non a caso. È una vittoria di tutti e soprattutto del paziente, che grazie alla condivisione di un progetto è tornato tra i propri affetti».

Il direttore sanitario dell’Asst Valle Olona Paola Giuliani, alla quale è sfuggita più di una lacrima di commozione, non ha esitato a parlare di «Resuscitation, perché è così che si traduce il termine di rianimazione in inglese. Parola che evoca a noi italiani fenomeni di altissimo valore morale e spirituale. Questa storia straordinaria vede come protagonisti il paziente che non ha “mollato”, la moglie che ha avuto la presenza di spirito di provvedere nell’attesa dei soccorsi, l’infermiere e i medici di Areu e di Asst Valle Olona e i soccorritori volontari che, in tempi successivi, hanno realizzato una catena di azioni sincronizzate ed efficaci che hanno portato a questo successo. Questo avvenimento testimonia il valore dell’altissima qualità delle competenze e dei professionisti sanitari che operano nel Servizio Sanitario Regionale organizzato attraverso una rete di attori che cooperano secondo tempi e procedure standardizzate».

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