L’abitudine alla guerra, ma niente è come prima

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A volte si finisce per credere che non sia vero. Le immagini della guerra in Ucraina che si susseguono in televisione e sui social sono così orribili che viene facile traferirle nell’irrealtà. Il rischio è che ci si abitui a vedere persone inermi che muoiono sotto le bombe, bambini colpiti mentre giocano in un cortile, palazzi che crollano, gente in fuga. Un’ecatombe. Ma non è un film. Lo sappiamo, percepiamo distintamente il dramma, commentiamo però, esaurita la spinta emozionale, a tre settimane dall’invasione russa, passiamo oltre. Questo il rischio.

Del resto ne abbiamo già avuto prova in mille altre occasioni, quando, all’ora di cena, sintonizzati su un qualunque telegiornale, buttiamo occhiate distratte a quanto ci viene proposto in giro per il mondo. Di solito non sono spettacoli edificanti, tra profughi disperati e altri conflitti dagli esiti infausti per le popolazioni, tra carestie e disastrosi eventi naturali. Eppure vi abbiamo fatto l’abitudine. Ne siamo assuefatti; e se non lo fossimo di sicuro ci difendiamo evitando di soffermarci troppo sulle situazioni più pesanti, come, appunto, appartenessero a un’altra dimensione.

 Colpa della società delle immagini, dalla valanga di informazione che ci sommerge quotidianamente? Colpa della società mass-mediatica che non lascia scampo e, in qualche modo, modifica il senso delle cose? La risposta la destiniamo agli esperti, a chi può spiegarci perché un ragazzino coperto da un lenzuolo sporco di sangue (quanti ne abbiamo purtroppo visti in queste ultime, terribili settimane?) può anche lasciarci del tutto indifferenti o, tutt’al più, provocarci un leggero sussulto e finita lì. La guerra, questa guerra provocata dal signor Putin, l’abbiamo sulla porta di casa, ma non ci tocca direttamente, nella nostra, tutto sommato, tranquillità.

Vero, potremmo esserci trascinati dentro da un momento all’altro, però non vogliamo crederci. Né riteniamo possibile l’utilizzo delle testate nucleari, così da cancellare la nostra era. E le nostre vite. Rifuggiamo i pensieri più foschi, che ci fanno paura e provocano un senso di smarrimento. Benché non sia più possibile far finta di niente: le conseguenze umane, economiche e sociali dell’aggressione all’Ucraina riguardano anche noi. Che stiamo (quasi) facendo l’abitudine alle devastazioni che arrivano da laggiù. Come fosse tutto acquisito, scontato, appunto, irreale. Come fosse ancora tutto come prima.

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