E’ il governo di Mario Draghi. E di Giancarlo Giorgetti

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Giancarlo Giorgetti giura al Quriinale

Abbiamo il governo. E abbiamo Giancarlo Giorgetti. Le due cose, il governo e Giorgetti, sono complementari; perlomeno, il leghista di Cazzago Brabbia è indispensabile al nuovo esecutivo di Mario Draghi: ha convinto Matteo Salvini a lasciare nel cassetto il sovranismo e a sostenere lo sforzo dell’ex presidente della Bce. Un’operazione, quella di Giorgetti, partita da lontano. “Siamo sempre gli stessi, ma non possiamo rimanere sempre gli stessi” diceva nell’ottobre del 2019 ai militanti di Varese. Non a caso, Varese, dove la Lega ha le proprie radici. E non più tardi di tre mesi fa in un’intervista: “Un esecutivo di ricostruzione nazionale potrebbe anche essere l’occasione della svolta per Salvini e la Lega”. E ancora, riferito a Mario Draghi: “Sarebbe quello che ci vuole, per fare cose che un governo raccogliticcio come quello attuale (il Conte bis, ndr), tutto e solo preso dal consenso, non potrebbe mai fare”. Infine, qualche giorno fa: “Draghi è un fuoriclasse come Ronaldo, non può stare in panchina”,

Draghi, il governo, la Lega, L’uomo del lago di Varese ha mescolato il tutto e ha ottenuto l’inimmaginabile fino a qualche tempo fa. Certo, la situazione economica, sanitaria e sociale è d’emergenza. Ma nessuno avrebbe mai scommesso un centesimo sul ravvedimento di Salvini rispetto, ad esempio, ai tabù dell’Europa e dell’America. Invece eccolo lì il Capitano, ad affermare che oggi l’Italia conterà di più a Bruxelles e che, a Roma, sarà la Lega a condurre le danze. Forse non sarà esattamente così, ma il contributo di Giorgetti, che di Mario Draghi pare sia amico personale, è stato determinante nel concretizzare il compromesso perfetto. Gli ex comunisti e i comunisti con i sovranisti, i moderati con gli ex sfasciacarrozze pentastellati, gli europeisti con i no euro. Un capolavoro. Draghi l’ha realizzato, Giorgetti ci ha messo del suo. Se gli domandassimo qual è stato il suo contributo, glisserebbe. Allo stesso modo negherebbe di essere stato messo a conoscenza, se non a cose fatte, della sua nomina a ministro dello Svilippo Economico, un dicastero di peso. Ma se lo negasse, non gli crederemmo.

Il risultato è che un governo che sarebbe dovuto essere essenzialmente tecnico è in larga parte politico. Con ministri dai profili importanti, quasi tutti. Con prospettive altrettanto alte. Ce la faranno? Al momento si dichiarano tutti contenti, Però, dentro i partiti, cova la cenere dei delusi. Si sa come vanno certe situazioni, quando i delusi coincidono con gli esclusi. Le svolte improvvise a volte portano fuori strada. La scommessa è quella di tenere assieme differenze e rancori mai sopiti: leghisti, democratici e pentastellati, tutti uniti appassionatamente, in coabitazione. Cosa tutt’altro che scontata, se Cinque Stelle e piddini consolidano in qualche modo la loro alleanza, per la Lega il discorso è un altro. Giorgetti ha cucito l’intesa, Salvini ha il compito di salvaguardarla dalle spinte contrarie che arrivano o arriveranno dall’interno. Per il momento rimane la considerazione che, così facendo, il Carroccio sia uscito dall’angolo in cui si era messo con un sovranismo probabilmente eccessivo date le circostanze. Bisogna vedere quanti leghisti l’hanno capito. E quanto conta adesso l’uomo del lago. Di più o di meno del suo segretario federale?

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