Libertà di parola è democrazia. Ma non per la politica “meschina”

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La protesta dell'Istituto Agrario di Opera dopo la censura a Isabella Tovaglieri

Siamo tutti capaci di riempirci la bocca con la parola democrazia. Alcuni, a cominciare dai politici, sono campioni nel raccontare l’assoluta necessità della de-mo-cra-zia. Poi, alla prova dei fatti, non sempre il concetto trova applicazione. Volete due esempi di questi giorni? Il primo: una scuola superiore di Opera, in provincia di Milano, vieta all’europarlamentare della Lega, la bustocca Isabella Tovaglieri, di parlare agli studenti di giovani ed Europa. “La politica non deve entrare a scuola” è la giustificazione che sarebbe stata addotta per negare l’incontro. Ma come, in ogni dove si sdottora sull’importanza di avvicinare le nuove generazioni ai doveri civici dei cittadini, per poi cancellare un incontro che, sulla carta, doveva servire proprio per questo obiettivo? Non sappiamo (però lo supponiamo) che cosa sarebbe successo se l’europarlamentare fosse stata del Partito democratico e non della Lega; resta il fatto che la più bella lezione di democrazia ai loro insegnanti e dirigenti l’hanno data proprio gli studenti dell’istituto in questione, incolleriti per l’inopinato divieto. Inequivocabile la scritta su un loro manifesto di protesta: “Libertà di parola è democrazia“.

Libertà di parola e di confronto. E siamo al secondo degli esempi che ci interessano. Il Pd di Busto Arsizio chiede di convocare una commissione consiliare per discutere di questioni relative al verde pubblico. Tema forse non decisivo, comunque importante sul versante della spesa pubblica e del decoro cittadino. Ebbene, il presidente della commissione competente risponde che si può accogliere la domanda dei dem locali soltanto fra due mesi e non sarebbe neanche la prima volta: l’agronomo del Comune non ha uno spazio libero prima della metà di maggio, o giù di lì. Vero? Falso? A noi sorge il dubbio che l’amministrazione bustocca voglia evitare il dialogo: non è possibile che un professionista pagato dalla comunità per occuparsi del verde cittadino non abbia mezz’ora disponibile se non tra otto settimane. Il sospetto di una dilazione politica sorge spontaneo. E se il capogruppo del Pd giudica meschina una simile situazione, il presidente della commissione si dice offeso: “Non sono meschino”. Gliene diamo atto, ma è la vicenda stessa ad essere meschina.

Come spesso appare meschina la politica in genere, che trabocca di polemiche strumentali se non inutili. In questo non c’è nessuno che si salva: la destra censura la sinistra, la sinistra censura la destra. Potremmo raccontare all’infinito, partendo dal contesto istituzionale e politico romano fino all’ultimo dei comunelli, come vanno certe cose in fatto di libero, democratico confronto. E di trasparenza. Un’altra cifra irrinunciabile, la trasparenza, troppe volte calpestata in nome della riservatezza di azioni amministrative e decisionali che, al contrario, dovrebbero essere alla luce del sole perché interessano direttamente la collettività e, soprattutto, sono basate sul ricorso di denaro pubblico, quindi di tutti. Denaro che non è né di un ministro, né di un sindaco, tanto meno di un presidente di una commissione municipale. Ci viene in mente un vecchio sindaco proprio di Busto Arsizio che lasciava la porta del suo ufficio sempre spalancata, affinché tutti potessero vedere e partecipare. Ma erano altri tempi e di quel sindaco si è perso da decenni lo stampo.

“Libertà di parola è democrazia”: l’hanno scritto dei giovani. A loro va riconosciuto coraggio e il fatto che non ci stanno prendendo in giro, come invece accade con la politica politicante, anche più o meno indirettamente dentro una scuola, nel nostro amato Belpaese.

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