In provincia centrodestra unito, ma anche no

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L’unità del centrodestra in provincia di Varese c’è, ma anche no. C’è a parole, un po’ meno nei fatti. Lo strappo della Lega a Luino, che alle elezioni di settembre vuole imporre il proprio candidato sindaco in difformità dagli accordi con Fratelli d’Italia e Forza Italia, mette in luce velleità mai sopite, spinte contrapposte di singoli personaggi a dispetto delle intese delle segreterie. Ricondurre lo scenario luinese a una situazione locale, come si cerca di fare ai diversi livelli politici, è un esercizio funzionale a minimizzare una situazione che, invece, potrebbe generare un effetto domino sull’intero territorio. Del resto, in riva al Verbano, il Carroccio, ad esempio, fa le stesse rivendicazioni dei salviniani di Busto Arsizio, cioè il candidato primo cittadino dopo un decennio e anche più di anticamera a favore di esponenti di altri partiti.

Per dirla in un altro modo, le sezioni cittadine leghiste pretendono di essere considerate per quelle che sono in forza della maggioranza relativa dei voti. Almeno fino a prova contraria delle urne. Dalle quali, il 20 e 21 settembre, usciranno indicazioni precise sui rapporti di forza. Luino, è vero, non è il test più significativo del Varesotto, ma saranno comunque apprezzabili i suoi risultati complessivi se comparati e aggiunti a quanto accadrà a Somma Lombardo, Saronno e, pur fuori provincia, nelle vicina Legnano.

La lettura degli esiti elettorali fornirà indicazioni esatte per l’anno prossimo, quando si voterà a Varese, Gallarate e Busto Arsizio. Senza dimenticare il passaggio elettorale, probabilmente entro dicembre, per Villa Recalcati, dove il voto di secondo livello (si esprimono soltanto gli eletti nei Comuni) potrebbe riservare ampie sorprese. Nel conteggio finale vanno aggiunte le liste civiche, che si agitano un po’ dappertutto, anch’esse con velleità di condizionare gli schieramenti e con l’idea di fungere da ago della bilancia. Liste civiche formate in buona parte da fuoriusciti dai partiti, politici delusi dalle loro esperienze e che, con la scusa di “non riconoscersi più in questa politica”, indossano la casacca civica. Una finta casacca, possiamo dire, perché rimangono tutti a fare politica prendendola semplicemente da un’altra parte.

Lasciamo correre. Il centrodestra varesino deve insomma trovare una vera unità, riuscendo a superare in primis i personalismi che finiscono per mortificarlo. E coi personalismi le aspettative, più o meno legittime, dei partiti. Non sempre e non tutti coerenti con i loro presupposti ideologici (liste civiche) e in alcuni casi spiazzati da situazioni contingenti, che ne hanno ridotto autorevolezza e capacità di interlocuzione. Vedi Forza Italia. Per quanto riguarda Fratelli d’Italia molto dipenderà dagli sbocchi elettorali di settembre, in sede locale ma anche e soprattutto nelle Regioni in cui si vota. Un successo alle urne di FdI, come indicano i sondaggi, significherebbe ridiscutere gli equilibri anche a Varese e provincia.

Lo scenario a centrodestra dovrebbe in teoria favorire i partiti di sinistra. Che però non danno la sensazione di marciare compatti. L’esempio scellerato di Legnano (tutti divisi alla meta) è un potente regalo ai loro avversari. Tanto più in un territorio che guarda da sempre alla sinistra con evidente fastidio, nonostante i segnali che arrivano dalle valli del Luinese e che, perlomeno sulla carta, dovrebbero annunciare sconquassi che, alla fine, non ci saranno. Per un motivo: le decisioni per il futuro politico del Varesotto e delle sue città si prendono e si prenderanno altrove. Piaccia oppure no.

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