Mille voli in 24 ore. Non è un record da festeggiare per chi vive attorno a Malpensa

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Le proiezioni del traffico volato lo scorso 23 Settembre 2019 sullo scalo varesino hanno sicuramente permesso allo stesso di raggiungere un primato tra gli aeroporti italiani, superando anche Roma Fiumicino dove peraltro le piste in uso sono tre e non due, ma ci hanno soprattutto permesso di effettuare una valutazione complessiva sui volumi di traffico, sulle ripercussioni ambientali (acustiche e gassose) e sui livelli di “rischio terzi” correlate.

Le due piste parallele di Malpensa nel 2018 hanno registrato 189.910 movimenti (+8,67% sul 2017) con 24.561.735 (+11,46%) di passeggeri, un dato, tuttavia, inferiore al record storico raggiunto del 2007, quando con 263.584 movimenti e 23.717.177 passeggeri l’aeroporto aveva operato come scalo “hub” italiano. Fare confronti con i dati sopra riportati e con i dati di oggi è a dir poco improponibile, dove la realtà quotidiana, ai volumi di traffico corrente su Malpensa, ha aggiunto quelli temporanei di Linate. In ogni caso questi tre mesi di “Bridge” che per qualche sindaco e rappresentante delle istituzioni è “cosa del passato ed oramai è già finito” costituiscono purtroppo una preoccupante sperimentazione sulle capacità e sulla tenuta dell’infrastruttura aeroportuale, ubicata nelle immediate vicinanze del Parco del Ticino. Una banale analisi dei volumi di traffico di questi tre mesi, anche senza valutare il picco dei 1013 movimenti dello scorso 23 Settembre, attesta una proiezione annuale di voli per un volato annuale di oltre 350 mila/movimenti/anno. Il calcolo è scontato: 1000 voli/giorno per 30 giorni, attesta un volato mensile di 30.000 voli. I 30 mila/voli mese, moltiplicati per 12 mesi, determinano uno scenario di circa 360 mila/voli/anno. Si sarebbe quindi portati a pensare che in questi tre mesi del “Bridge” ENAC, SEA ed ENAV abbiano potuto verificare, anche se per un periodo così breve:

• le opportunità operative dell’infrastruttura di Malpensa, superiori di quasi 100 mila/voli sul massimo volato a Malpensa del 2007.

• L’idoneità della capacità operativa resa possibile da un sistema piste/piazzali/terminal, chech-in e check-out, di sedime aeroportuale air-side, in parallelo ad un sistema land-side in grado di accogliere il traffico stradale, ferroviario, di gestire al meglio i parcheggi auto e di assicurare una ottima ricettività alberghiera.

Un successo straordinario quindi.
Gestori aeroportuali e amministrazioni locali possono adeguatamente festeggiare i traguardi raggiunti e le prospettive di traffico, a loro detta, compatibili con l’impatto ambientale, acustico ed atmosferico. Ma possono altrettanto festeggiare tutti i cittadini, lombardi e piemontesi, che risiedono in prossimità del sedime aeroportuale e/o vivono e lavorano nelle aree sottostanti alle traiettorie di decollo e di atterraggio? Per rispondere a tale ultima domanda, lo scenario attuale avrebbe dovuto essere verificato preventivamente, almeno per i tre mesi dell’aggravio del traffico del “Bridge”, con un studio dell’impatto generato dai circa 1000voli/giorno (perciò con proiezione a 360mila/voli/anno), con un aggiornamento nella zonizzazione acustica (sostituendo quindi al metodo obsoleto INM il nuovo modello matematico AEDT) e con una verifica delle inevitabili ricadute delle curve di isorischio in attuazione dell’Art. 715 del Codice della Navigazione. Ma forse, tutte queste nostre domande rappresentano un dubbio del tutto risolto: sicuramente sono analisi e studi conosciuti dai gestori aeroportuali, ancorché ignorati, solo perché non richiesti dalle amministrazioni locali e perciò non accessibili, al momento, all’opinione pubblica. Vedremo.

Ferruccio Gallanti
(presidente del Comitato dei Cittadini di Varallo Pombia per l’Aeroporto di Malpensa)

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