VISTO&RIVISTO Una storia intrigante raccontata male

minchella cimini visto rivisto

di Andrea Minchella

VISTO

IL TALENTO DEL CALABRONE, di Giacomo Cimini (Italia-Spagna 2020, 94 min., Prime Video).

Peccato. Un regista giovane, Giacomo Cimini, che frequenta a New York e a Londra due scuole rinomate di cinema. Un “background” di appassionato e preparato estimatore di fumetti. Un cortometraggio, “The Nostalgist”, che riceve apprezzamenti e riconoscimenti in tutti i festival più rilevanti del mondo. Ma il grande salto per realizzare un cortometraggio è pericolosissimo. Cimini, classe 1977, scrive e realizza un progetto esageratamente carico, estremamente stereotipato, che perde la freschezza e la modernità che un giovane autore dovrebbe avere, invece, come cifra personale quando si appresta a realizzare un lungometraggio.

La storia, che sembra essere l’unico elemento riuscito del film, si basa su un ascoltatore di una trasmissione radiofonica notturna che telefona in diretta per incominciare una conversazione misteriosa e angosciante con il dj Steph, il conduttore della trasmissione, che apparentemente nulla c’entra con la vicenda opaca e tragica di Carlo, l’enigmatico ascoltatore. Subito capiamo che Carlo, un gigantesco Sergio Castellitto, vuole riscattarsi da qualche torto che crede di aver subito. La sua minaccia a dj Steph e ad una Milano notturna e silenziosa, che sembra presagire la Milano deserta e immobile dell’imminente pandemia, è subito presa sul serio quando alla prima risposta sbagliata e distratta del giovane dj, il cui studio radiofonico si affaccia sulle migliaia di luci di Milano da un nerissimo ed altissimo grattacielo, l’estremità di uno dei tanti palazzi della moderna metropoli viene disintegrata da una successione di violente esplosioni. La tensione sale. Ora la trasmissione radiofonica diventa il megafono di un forte disagio incomprensibile e ingiustificato. A poco a poco lo spettatore incomincia a raccogliere elementi per meglio comprendere la figura di Carlo. Il lavoro investigativo viene subito affidato ad un Tenente Colonnello dei Carabinieri, una poco convincente Anna Foglietta, a causa di una sceneggiatura poco articolata, che, come nei peggiori film americani, si ritrova ad essere l’unico baluardo di legalità e ragione in una surreale e troppo didascalica vicenda di follia, rancori e polizia.

L’impianto scenografico, la bravura di Castellitto ed una storia che poteva dare uno slancio importante ad un cinema spesso troppo legato alle storie “di periferia” non sono ingredienti sufficienti per trasformare questo ambizioso progetto di Cimini in un innovativo ed originale film introspettivo, intimista e con una sana e misurata dose di “suspense”. Guardiamo spesso agli Stati Uniti, maestri nel realizzare pellicole del genere, ma al momento di rielaborare in maniera europea e personale un codice linguistico e scenico che non ci appartiene, ecco che il pericolo di banalizzare e di raccontare in modo superficiale e stereotipato diventa difficile da scongiurare. Apprezzabile, rimane, il tentativo di emanciparsi dalla bulimia di storie “di periferia” che negli ultimi anni hanno invaso il cinema italiano, non sempre con la giusta sensibilità e con una sincera poetica. Rimane però fondamentale, quando si vuole raccontare una storia “moderna”, utilizzare una scrittura semplice ma articolata, che possa trasformare una vicenda interessante ed originale in una narrazione avvincente, moderna e piena di riferimenti preziosi ed unici alla realtà che ci circonda e al mondo, complesso e indefinito, sul qui spendiamo ogni giorno della nostra vita, che sia doloroso, leggero, angosciante o insignificante.

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RIVISTO

LOCKE, di Steven Knight (Stati Uniti-Regno Unito 2013, 85 min.).

Una notte. Tutto in una notte. Knight e Hardy creano un viaggio nell’anima e nell’ignoto con pochi mezzi, ma con un’idea e una storia, egregiamente sceneggiata dallo stesso Knight, che spingono lo spettatore con le spalle al muro e lo costringono ad una sorta di seduta psicoanalitica che dura per tutto il viaggio che Ivan intraprende, di notte, verso una destinazione sconosciuta.

Mentre guida, Ivan, capocantiere di una importantissima fabbrica di costruzioni, fa e riceve diverse telefonate. Oltre a enormi problemi di lavoro, il perfetto e sorprendente Tom Hardy deve confessare la sua infedeltà alla moglie e la sua conseguente prossima paternità. La lucidità del protagonista e la tensione che avvolge l’abitacolo della X5 in cui tutta la vicenda si svolge trasformano questo bel film in una necessaria e potente esperienza che non può essere non vissuta.

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