VISTO&RIVISTO Una favola vera e nitida, utile e necessaria

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di Andrea Minchella

VISTO

FAVOLACCE, di Damiano e Fabio D’Innocenzo (Italia 2020, 98 min.).

Un pugno dritto allo stomaco. Un progetto unico ed inedito che vede la firma di due ragazzi romani classe 1988. I fratelli D’Innocenzo, dopo il feroce ed essenziale “La Terra dell’Abbastanza”, danno vita a qualcosa di nuovo, qualcosa che nel cinema italiano latita da troppo tempo: una cruda e reale favola nera sulla società contemporanea.

Al centro del film una storia vera o finta, poco importa, comunque poco ispirata, come ci dice all’inizio della narrazione la voce fuori campo che cerca di tranquillizzarci, ma che, con lo scorrere delle immagini, si rende, invece, corresponsabile, insieme ai due autori, del clima di angoscia e asfissiante paura che aumentano nello spettatore, inerme ed impreparato.

La storia si snoda in una banale e anonima periferia romana, non eccessivamente squallida ma, anzi, permeata di un’illusoria serenità che si intravede a tratti tra le belle villette in cui le tre famiglie, protagoniste del racconto, vivono e trascorrono le loro giornate calde ed uguali tra di loro. Veri protagonisti della pellicola sono i bambini, soli e svuotati, che cercano invano una scialuppa di salvataggio dentro il mare agitato e famelico della solitudine familiare. I bambini, che si stanno affacciando alla difficile e delicata trasformazione adolescenziale, diventano vittime inconsapevoli della superficialità e della banale esistenza di genitori miopi e sordi, che sprecano la vita mettendo al centro loro stessi e i loro bulimici e rancorosi desideri di rivincita. Questo clima nauseante, che i due autori romani riescono a trasmettere egregiamente con inquadrature vicinissime ai volti sofferenti dei bambini, diventa il filo conduttore delle esistenze dei bambini che, fino alla fine, cercano una possibilità di riscatto nella scuola, unico presidio di civiltà dentro queste periferie del mondo, abbandonate e prive del calore umano necessario per la sopravvivenza delle anime più fragili.

Assistiamo dunque ad una “biblica” vicenda evocativa in cui l’innocenza infantile si scontra con la assordante solitudine che viene distribuita continuamente da dei genitori sostanzialmente assenti e perennemente latitanti. Una vicenda talmente raccapricciante che neppure la giunonica e felliniana ragazza, di un biondo platino accecante ed in procinto di generare una vita, riesce ad iniettare una vera e salvifica speranza dentro un mondo che si è già arreso e che ha deciso di non resistere al freddo e inesorabile vento di morte che proviene da ogni direzione.

I fratelli D’Innocenzo, che scrivono e dirigono “pasolinianamente” questa piccola preziosa opera d’arte, fanno un balzo in avanti e si ritagliano un posto importante nella filmografia italiana che cerca di fare luce sui drammi e sulle fragilità della società contemporanea dando vita a racconti estremamente essenziali e profondamente realistici. Con questo “Favolacce” ci regalano un’originale e necessaria visione della pericolosità di quella “normalità” cui tutti tendono ma che rischia di generare una tossica e silente desertificazione dei rapporti umani, fatti di calore e comprensione, che mette a rischio la vita e l’esistenza di ogni essere vivente. Soprattutto se si tratta di vite fragili, come quelle dei bambini o degli adolescenti, spesso inermi vittime di assordanti silenzi e di ingombranti assenze.

Grazie ad alcune piattaforme digitali, possiamo vedere questa pellicola, premiata all’ultimo Festival di Berlino per la magnifica sceneggiatura dei D’Innocenzo, che sarebbe dovuta uscire al cinema proprio in questi giorni.

Un’altra interpretazione convincente e notevole del camaleontico Elio Germano che aspettiamo di vedere prossimamente nella “folle” interpretazione dell’enigmatico Ligabue, nell’ultimo lavoro di Giorgio Diritti.

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RIVISTO

UN SOGNO CHIAMATO FLORIDA, di Sean Baker (The Florida Project, Stati Uniti 2017, 115 min.).

Una storia cruda e dolorosa piena, però, di speranza e di bellezza. Questo piccolo ma enorme progetto del 2017 del giovane Sean Baker ci racconta di una delle tantissime periferie americane, desolate ma sempre cariche di storie evocative ed universali.

Qui siamo in Florida, in un dozzinale motel, il Magic Castle, ai margini del Walt Disney World. Nel motel, di un rosa confetto che attenua il dolore e la solitudine dei protagonisti, vive Moonee, una bimba docile ma solida, e sua mamma Halley, sola e malinconica. Il responsabile della struttura è Bobby, un bravissimo Willem Dafoe, che cerca di apportare un po’ di umanità dentro un mondo in cui i rapporti umani sono spesso caratterizzati da violenze ed abbandoni. All’interno di questo scenario, quasi fiabesco, si sviluppano le storie, piccole e profonde, della giovane protagonista e dei suoi due amichetti, Scooty e Dicky, che passano le giornate tra scorribande e veri e propri atti vandalici. Mentre la madre di Moonee cerca di sbarcare il lunario vendendo falsi profumi nei parcheggi degli hotel di lusso, i tre ragazzini vivono le loro esistenze cercando di emanciparsi dalla triste e ripetitiva routine delle loro vite.

Quando la vicenda si complicherà e gli assistenti sociali, insieme alla polizia, faranno visita nella struttura, la fuga nel vicino “mondo della fantasia” della piccola Moonee sembrerà essere l’unica via di salvezza.

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