VISTO&RIVISTO Una necessaria e poetica fotografia del mondo da cui proveniamo

minchella joidice cattivo poeta

di Andrea Minchella

VISTO

IL CATTIVO POETA, di Gianluca Jodice (Italia-Francia 2020, 106 min.).

Volutamente antico. Incredibilmente attuale. Matteo Rovere decide di produrre il primo lungometraggio di Gianluca Jodice che scrive un appassionante ritratto di un uomo apparentemente di un mondo antico e lontano, in realtà più moderno ed attuale di quanto si possa immaginare. Il racconto, incentrato su Gabriele D’Annunzio negli ultimi mesi della sua vita, si snoda in un Italia in procinto di compromettere per sempre la sua storia e la sua credibilità. Jodice decide di sezionare quasi in maniera chirurgica l’anima di un uomo che ha stimolato la fantasia e la retorica di quel Duce che stava catapultando il nostro paese in una fratellanza con la Germania squilibrata ed estremamente pericolosa. Jodice affida la parte del Vate ad un Sergio Castellitto che qui sembra compiere un vero miracolo, poiché sottolinea gli aspetti meno retorici ed esuberanti del poeta, a favore di una non scontata ricerca dei particolari che ne possano tratteggiare la normalità e la più profonda umanità.

Oltre ad un cast preparato e all’altezza, proveniente quasi interamente dal mondo del teatro, un altro insostituibile protagonista della pellicola è il Vittoriale, che accompagna i momenti più toccanti del racconto, con i suoi colori, i suoi materiali e tutte le innumerevoli collezioni di statue, libri, oggetti che rendono quel luogo una vera trasposizione estetica ed architettonica dell’anima del poeta D’Annunzio.

Scritto con intelligenza ed estrema attenzione, la sceneggiatura, nelle parti di D’Annunzio, riporta esclusivamente frasi e riflessioni che davvero sono riconducibili al Vate. E così, il viaggio firmato da Jodice diventa una parabola tra le riflessioni acute di D’Annunzio, ormai disilluso e rassegnato, e l’Italia fascista che, incerta e spaventata, si apprestava ad affrontare una delle guerre più violente e terribili della sua storia.

La presenza del giovane “federato”, interpretato da un bravissimo Francesco Patanè, che spia il poeta per conto del partito fascista, trasforma la vicenda in una sorta di flusso di coscienza che dal Vittoriale e dalle sue pareti oppressive e barocche si disperde nel cielo azzurro cristallino che incombe su un monumento unico e potentemente iconografico che racchiude la magia di un uomo che ha creduto nella forza politica ma che è stato costretto a pentirsi della fiducia che aveva garantito a Benito Mussolini.

Questo film, che ci riporta quasi sicuramente in maniera definitiva nelle sale cinematografiche, diventa un necessario ed interessante racconto sul concetto di potere e sulle infinite declinazioni che può avere, a seconda del contesto storico e a seconda di chi lo fa proprio e per quali scopi. La riflessione acuta di D’Annunzio sembra un monito attuale sulle sempre possibili e pericolose derive che il potere può percorrere in maniera irreversibile. La disillusione del poeta è la stessa che ogni italiano ha provato o prova nel momento in cui le proprie idee, i propri ideali e ogni speranza vengono traditi per un’effimera e pericolosamente ambigua idea di patria.

Dunque questo film va visto perché è ben fatto, e perché racconta molto di ciò che siamo e del mondo, ancora recente, da cui proveniamo e le cui tracce sono ancora visibili nell’ Italia di oggi.

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RIVISTO

LA CADUTA – GLI ULTIMI GIORNI DI HITLER, di Oliver Hirschbiegel (Der Untergang, Germania 2004, 148/178 min.).

Il re è nudo. Indifeso. Vulnerabile. Ma pur sempre deciso a non piegarsi al destino. Solo i tedeschi avrebbero potuto raccontare così bene gli ultimi momenti di vita di uno dei più discussi e temuti dittatori di sempre. Poi, l’interpretazione del gigante Bruno Ganz, nei panni del malato ed ossessionato Hitler, rende questo “La Caduta” una preziosa e introspettiva narrazione del lato più umano e terreno della figura impenetrabile e stereotipata del “Fuhrer”.

Il bunker dove la vicenda si svolge diventa anima e tomba del malato e rassegnato Adolf Hitler, ormai destinato a soccombere al corso inesorabile degli eventi. Un ritratto amaro e profondo. Da rivedere.

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