VISTO&RIVISTO Il bene e il male, sempre meno distinguibili

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di Andrea Minchella

VISTO

CITY ON A HILL, di Charlie McLean (Stati Uniti 2019 – in corso, 55/58 min. x 18, Sky Atlantic).

Showtime ci ha abituati a prodotti di qualità. E questo “City on a Hill” non è da meno. Ideata da Ben Affleck e da Charlie McLean, la serie diventa subito un’ottima occasione per Ben Affleck, Matt Damon, Barry Levinson e lo stesso Kevin Bacon che ne diventano produttori esecutivi. La sceneggiatura viene affidata al bravo e talentuoso Tom Fontana che trasforma l’intero progetto in un minuzioso ed originale viaggio nella Boston della prima metà degli anni novanta.

Fontana ci accompagna in una Boston dilaniata da crimini violenti spesso appoggiati e decisi dalle stesse forze dell’ordine. La serie, ben costruita e ottimamente girata, vede i due protagonisti, il losco agente dell’F.B.I. Jackie Rohr e il troppo candido procuratore distrettuale Decourcy Ward, stringere una sorta di accordo per cercare di sgominare gli infiniti illeciti che sembrano aver definitivamente inglobato la capitale del Massachussetts. Mentre la narrazione prosegue ci accorgiamo subito che il bene ed il male non risiedono mai chiaramente da una parte o dall’altra. Come nella vita vera, le sfumature rendono le persone che incontriamo più complesse di quanto, superficialmente, pensiamo esse siano.

E così il losco e sgradevole Jackie Rohr, un sorprendente e strepitoso Kevin Bacon, riflette non solo la corruzione e la malattia di un sistema, ma anche l’umanità e la sensibilità che possono convivere con le anime più buie. Viceversa il candido e corretto Decourcy Ward, interpretato egregiamente da un Aldis Hodge penetrante e convincente, non si esime dal dimostrarsi rabbioso e vendicativo a causa della sua razza e della sua “fragilità sociale”.

Il racconto, dunque, diventa iconografia di una società difficile e difficilmente classificabile in cui tutti i protagonisti, a loro modo, cercano di raggiungere la serenità personale utilizzando ogni mezzo a loro disposizione. Il prodotto è ottimo proprio perché non si accomoda su stereotipi o luoghi comuni, ma fa lo sforzo di raccontare una pagina nera di una grande città americana evitando di dare giudizi morali o di emettere facili condanne. Ogni personaggio raccontato in questa vicenda ha un’anima complessa, spesso ferita, e fatica a sopravvivere. Compie sempre delle scelte difficili ma non evita di prendersi sempre tutte le responsabilità. “City on a Hill” è un sincero e concreto viaggio in un’America che è più vicina di quanto si possa immaginare. Ancora oggi, infatti, la “febbre” razziale misura ancora temperature troppo elevate. Ancora oggi il crimine, spesso, viene facilmente declinato nelle diversità razziali più che in quelle sociali o culturali.

Vale la pena addentrarsi in questo racconto che ci riporta negli anni Novanta in cui tante tecnologie ancora non esistevano e le persone, pur con tutti i limiti, erano certamente i protagonisti indiscussi delle vicende e delle scelte che si trovavano costretti a vivere. “City on a Hill” è un originale e realistico viaggio in una società in cui i limiti tra le emozioni, gli stereotipi e i crimini sono completamente sbiaditi. Come nella vita vera, il giudizio affrettato o definito rischia sempre di essere incompleto o, addirittura, errato.

Attendendo la terza stagione, possiamo goderci diciotto capitoli di una storia che non annoia mai e i cui personaggi diventano, a poco a poco, parte predominante del nostro immaginario cinematografico.

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RIVISTO

TRAINING DAY, di Antoine Fuqua (Stati Uniti 2001, 122 min.).

Una centrifuga. Un’esplosione di emozioni. Questa pellicola, che ha vent’anni ma sembra essere stata girata ieri, ci catapulta nella indefinita ed ancestrale guerra tra il bene ed il male. Fuqua ci accompagna in un viaggio asfissiante e claustrofobico dentro le zone più buie e anguste dell’anima di un uomo.

I sogni e l’innocenza del giovane agente Jake Hoyt, un bravissimo Ethan Hawke, vengono distrutti e dilaniati dall’incontenibile Alonzo Harris, uno stratosferico Denzel Washington giustamente premiato con l’Oscar, che fa della violenza e del sopruso la cifra quotidiana della sua professione di poliziotto. Se in teoria la sua dottrina non è poi così sbagliata, in realtà la sua missione diventa più una faccenda personale che una vera e propria operazione di polizia. Potente, iconografico e ancora incredibilmente attuale. Da rivedere.

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