Molto connessi e poco informati: la deriva dei social

visconti martini social

di Federico Visconti*

“Comunicare con sapienza, scienza e pietà. La comunicazione nel magistero di Carlo Maria Martini”. Se ne è parlato qualche giorno fa in LIUC, coinvolgendo testimoni autorevoli come Monsignor Luca Bressan e Ferruccio De Bortoli. All’insegna dei corsi e dei ricorsi storici, ho introdotto i lavori parlando di quando Claudio Demattè, il professore-manager, rifletteva sui potenziali sviluppi di Internet. Si era sul finire degli anni novanta. Visionario e pragmatico, utilizzava la metafora delle grandi autostrade americane, prefigurava la creazione di enormi corsie della comunicazione, per poi chiedersi: “Ma come le riempiremo? Questo è il problema!”.

Orbene, come le ha riempite queste corsie il Martini-comunicatore?

Tre spunti di riflessione, tra i tanti offerti dalla serata.

Innanzitutto lo ha fatto aprendosi alla modernità, al nuovo che avanzava. Voleva e doveva stare tra la gente, voleva e doveva frequentare la piazza, foss’anche virtuale. Non a caso, monitorava in prima persona gli sviluppi di Facebook.

In secondo luogo, lo ha fatto in nome dell’inclusione, rivolgendosi anche a chi era fuori dalla Chiesa o addirittura contro la Chiesa. Parlava al gregge, ma anche a chi era considerato fuori dal gregge.

Infine, lo ha fatto partendo dal presupposto che il dialogo vive di ascolto o, per dirla con le parole di Papa Francesco, della costruzione di ponti e dell’abbattimento di muri.

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Federico Visconti

Tutto ciò premesso, tenuto conto che Demattè è mancato nel 2004 e Martini nel 2012, ho fatto un esercizio tra il creativo e il surreale. Mi sono chiesto come reagirebbero alla tesi espressa da De Bortoli nel corso della serata, più o meno con queste parole: “Siamo molto connessi e poco informati, il nostro spirito critico tende a spegnersi e ad affievolirsi sempre di più. L’utente (ma forse bisognerebbe parlare di vittima) viene inondato di informazioni e dati inutili, così da essere privato di un’autentica capacità di scelta”.

Lo scenario è quello della iperconnessione strutturale, della disinformazione patologica, dei sorpassi con l’iphone sul volante, delle soglie di attenzione modello Caporetto, della grammatica da matita rossa, della storia da buco nero …. Si rischia di doversi riconoscere in Guccini, che nell’Avvelenata cantava “Nemmeno dentro al cesso possiedo un mio momento”. Vanno rimossi i Jalisse, che hanno vinto Sanremo con una canzone, “Fiumi di parole”, con cui oggi non andrebbero da nessuna parte. Servono anche fiumi di filmati, di foto, di emoji …. pollicioni (in salsa di superficialità e opportunismo?) compresi.

Posti di fronte a tale deriva, penso che i due protagonisti si esprimerebbero all’insegna della saggezza e dell’equilibrio. Largo circa: la rete esiste e i social esistono, non possiamo né arrenderci ai loro difetti né farci paladini dei loro pregi. Bisogna affrontare il fenomeno con spirito critico, mantenendo una propria autonomia di pensiero.

Già, belle parole! Facili da enunciare, sempre più difficili da praticare! Come se ne esce?! Le ricette non esistono però due assi me li gioco: educazione e responsabilità.

La prima ha costituito il fulcro del ciclo di seminari “ComuniCARE: prendersi cura di come e di ciò che si ascolta”, promosso dalla Cappellania LIUC in collaborazione con la Scuola di Economia Civile. Il terreno è stato arato, qualche seme è stato messo, anche attraverso l’incontro dedicato a Martini. Avanti tutta!

La seconda, Martini per Martini, la esplicito attraverso la lezione aperta su “Etica ed economia delle imprese”, tenuta in LIUC il 10 dicembre 1992. Affermava il Cardinale: “La riscoperta della radice della professione può promuovere un modo efficace di aver cura del bene comune. L’inversione di tendenza rispetto al clima pesante di lamentele e di rassegnazione, di proteste e di rabbia, è tornare a compiere bene il proprio mestiere, recuperando il rapporto di senso tra attitudini, preparazione e utilità sociale di quanto una persona fa”. Per poi chiosare: “Di questo abbiamo soprattutto bisogno: guardare al passato non tanto per leccarsi le ferite, protestare, recriminare, ma per coltivare una grande visione delle nostre responsabilità”.

In poche righe, una miniera di stimoli sull’idea di professione, sul valore delle attitudini e della preparazione, sull’importanza di coniugare visione e responsabilità. Mi verrebbe da fare il bis: chissà cosa penserebbe il Cardinal Martini dei tempi moderni, quelli offuscati dalla mediocrità diffusa e dal merito sulla carta, dall’uno vale uno e dalle gerarchie non rispettate, dalle poltrone cementate e dai giovani in fuga? Avrei parecchio su cui argomentare …. ma il gioco è bello quando è corto!

*Rettore Liuc – Università Carlo Cattaneo

visconti martini sociale – MALPENSA24