Gallarate vince a Street Food Battle con il truck di Marcelo Montuori

montuori street food

GALLARATE – È di Gallarate il vincitore di Street Food Battle, competizione di Italia Uno tra maestri della cucina di strada che ha visto trionfare Picanhas Cube. Il truck è stato ideato da Marcelo Montuori, originario di San Paolo e a Moriggia da diciassette anni.

Capaci di tenere il gioco

Aiutato da Herbert, dipendente anche lui di origine brasiliana, Montuori ha sbaragliato i concorrenti unendo in cucina Sud America e Italia. Il nuovo re dello street food ha raccontato la strada per giungere alla vittoria.

Picanhas Cube è il vincitore di Street Food Battle. Come si è svolta la gara?
«Il programma, sponsorizzato da Coca-Cola, ha visto in competizione truck di cibo di strada, divisi in cinque categorie da tre concorrenti ciascuna. Chi di ogni tre vinceva otteneva il titolo di “Ammazzapiazza”. Siamo stati inseriti tra i “Latinos” e ci siamo affermati sugli avversari argentini e peruviani. Poi abbiamo battuto i Ciccio’s Smoke & Bbq e l’Osteria Chef in Viaggio. Ma abbiamo perso contro L’Angolo di Pe. In un ripescaggio degli Ammazzapiazza eliminati, una sfida a cinque con ingredienti a sorpresa, ci è arrivato dai Ciccio’s un “regalo di Giuda”: la farina di mais. Ne abbiamo elaborato la cialda speciale di New Maravilla, un fusione Italia-Brasile con polenta, cipolla, picanha e senape di mele che ha avuto successo. La finalissima è stato come una “bella” con l’Angolo di Pe, che ci avevano buttato fuori. Questa volta la giuria era popolare, cento persone affamatissime che hanno mangiato sia da noi che da loro, dandoci la vittoria. Siamo stati capaci di tenere il gioco dello street food vero, in una piazza con le telecamere puntate addosso tutto il tempo».

Come è nata questa passione? E come è venuta l’idea di un truck che proponesse specialità brasiliane?
«È iniziato in Brasile quando avevo tra i sette e i nove anni, avevo i genitori separati e mia madre era malata, sottoposta a emodialisi. Non avendo abbastanza reddito per darci la stabilità economica, ha deciso di investire tutta la pensione che riceveva da mio padre in un carrettino per gli hot dog, che vendevamo fuori dalla mia scuola. È stato il mio primo contatto con il lavoro, e il pubblico di strada. A quindici anni è mancata, e sono andato a vivere con mio padre, che è di origine italiana: mio nonno è di Salerno. A diciotto decisi di venire in Italia, sono arrivato nel 2001 e ho iniziato da subito a lavorare nel Festival Latino Americano. Con il primo stipendio mi sono iscritto all’Istituto Ambrosiano, mettendomi anche a studiare come perito aziendale. Da allora ho fatto qualsiasi lavoro capitasse nel settore della ristorazione: cameriere, barman, cuoco, lavapiatti. A un certo punto si è verificata una coincidenza di situazioni, e un po’ una sinergia di persone che mi volevano bene e mi hanno aiutato: ho avuto la fortuna di conoscere Chocolat Pubblicità, la possibilità di avere un incentivo dallo Stato per mettermi in proprio, amici come Andrea Riva che aveva progettato il “Cubo”, Antonio e Michele della “Garzo Ponteggi” che poi mi hanno aiutato a spostarlo con il camion gru, l’appoggio della mia famiglia. Ho sentito che mi stava di nuovo chiamando la strada, e la cucina che è la mia passione. E mi sono buttato. Fin dalla prima fiera, a Somma Lombardo, è stato sold out. Da lì è iniziata la mia storia. Ho poi attirato l’attenzione della Coca-Cola, mi ha chiamato per il casting di Street Food Battle che si è svolto a luglio».

Quali saranno i prossimi appuntamenti dove vi potremo incontrare?
«Purtroppo d’inverno gli street food praticamente muoiono. Dal 16 novembre al 10 gennaio sarò al centro commerciale di Arese come chef di strada, ma di cucina regionale italiana. Per il truck aspetteremo i primi giorni di marzo, in cui ricominceremo a girare per le fiere. Nel frattempo però prendiamo sempre parte alle iniziative di chi ci chiama, come compleanni o eventi privati. In collaborazione con Chocolat Pubblicità abbiamo già ricevuto richieste per diversi eventi aziendali».

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