SPECIALE SUEZ / Da Nasser ad al-Sisi

IL BLOCCO DEL CANALE A CAUSA DELL'INCIDENTE ALL'EVER GIVEN RIPROPONE L'IMPORTANZA STRATEGICA DI SUEZ PER LE SUPERPOTENZE

di Carlo Pedroli

Negli anni cinquanta del 900 vi era un clima di tensione internazionale. Il riarmo e la minaccia nucleare scuotevano le coscienze facendo tremare le masse. Le piazze gremite si riempivano di slogan pacifisti, i deboli accordi di Jalta, siglati alla fine del secondo conflitto mondiale (nel 1945) tra le forze vincitrici, cominciavano a vacillare. Caduto il nemico comune, il nazifascismo, tra le forze alleate spiccavano, per potenza economica e bellica, Stati Uniti e Unione Sovietica. Queste due superpotenze, da allora, si sarebbero sfidate nella guerra fredda con l’obbiettivo di espandere la propria influenza economica, politica e militare nel resto del pianeta. Usando le parole dell’allora primo ministro britannico Winston Churchill, una cortina di ferro era scesa sull’Europa.

Periferie del mondo

Al contempo però, quello europeo non era l’unico fronte in cui si combatteva questa guerra ideologica, anzi, sarebbero state sempre più le “periferie” del mondo i teatri ideali per lo scontro. Entrambe le superpotenze, infatti, volevano evitare di confrontarsi, quando possibile, sul terreno militare. La via da intraprendere era quella diplomatica. Con l’appoggio politico ai leader di paesi allineati ad un blocco rispetto ad un altro, le 2 superpotenze potevano espandere la propria influenza attraverso un modello neocolonialista. La regione che si trovò maggiormente lacerata dalla guerra fredda fu senza dubbio il Medio Oriente. Questa zona, da sempre obiettivo coloniale occidentale, lacerata da conflitti intestini, è tutt’ora un punto d’interesse strategico.

Durante i processi di decolonizzazione, in atto a partire dalla metà del 900, l’Egitto, al tempo monarchia filo britannica, fu scosso da una rivoluzione che destituì l’ordine istituzionale esistente. Il capo dei rivoluzionari arabi, il socialista Gamal Abd el-Nasser, scelse la forma repubblicana per rifondare il paese nominandosi capo di stato. La neo repubblica egiziana si dimostrò da subito interessata a consolidare i rapporti con l’Urss pur dichiarandosi “non allineata”, rispetto alle logiche della guerra fredda. Era ovviamente chiara da decenni l’importanza strategica del Canale di Suez, unico sbocco marittimo per i commerci diretti verso occidente.

La crisi di Suez

Quando nel 1956 Nasser decise a sorpresa di nazionalizzare il canale, fino ad allora controllato da Francia e Inghilterra, l’Occidente si rese conto che non poteva stare a guardare. Obiettivo era la destituzione di Nasser, che nel frattempo aveva stretto accordi con il capo di stato sovietico Nikita Krusciov, ottenendo ingenti carichi di armi da Mosca. Il 29 ottobre del 1956, dopo un accordo segreto tra Inghilterra, Francia ed Israele, le truppe israeliane oltrepassarono il confine egiziano e occuparono Suez e la penisola del Sinai. La guerra durò solo otto giorni. Sul piano politico però, a differenza di quello militare, l’attacco fu fallimentare, perché In tutto il mondo arabo, ma anche occidentale, ci furono grandi proteste seguite da ingenti sanzioni economiche da parte dei paesi arabi: embargo sulle esportazioni di petrolio.

Da Nasser ad Al Sisi

Eventi recenti, come quello della nave Ever Given rimasta bloccata all’interno del canale, ci ricordano l’importanza dei cosidetti “chokepoint”, ovvero dei punti obbligati per il passaggio di merci e risorse energetiche lungo le principali rotte commerciali internazionali. A 65 anni dalla nazionalizzazione, Suez resta un punto di estrema importanza strategica per i commerci tra oriente e occidente. L’Egitto negli anni è cambiato moltissimo, ma alcune analogie con il passato rimangono. Una di queste riguarda la competizione tra potenze mondiali per il controllo del passaggio strategico. Al-Sisi, alla guida del Paese, non è l’erede politico di Nasser, anche se il metodo con cui è salito al governo non è poi così dissimile. Ma è un uomo di potere e i giganti dell’economia ne sono consapevoli. Il governo di Pechino nel 2015 ha finanziato, per 8 miliardi di dollari, il raddoppio di una parte del canale per permettere ad un numero maggiore di navi di percorrere la via economica della seta che collega Europa e Cina. Ma non solo, il paese di Xi Jinping ha siglato con l’Egitto una strategica alleanza commerciale arrivando ad investire nel paese africano circa 16 miliardi di dollari tra il 2014 e il 2019.

Pechino resta in pole position in materia di accordi con il regime di al-Sisi, anche se le altre potenze non restano a guardare. La Russia di Putin, ad esempio, ha lanciato nel 2014 il piano “Russian Industrial Zone” al fine di creare un hub commerciale lungo il canale. Il progetto, che dovrebbe essere pronto entro il 2021, prevede investimenti per circa 7 miliardi di dollari. Ma anche l’America si è attivata e sul tavolo delle relazioni c’è la discussa fornitura di armamenti americani all’Egitto.

EGITTO