«Nel Parco Alto Milanese ormai sono gli animali che stanno cacciando l’uomo»

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LEGNANO – «Fino a 5-6 anni fa si poteva ancora lavorare come si deve, ma ora la presenza degli animali selvatici, in particolare conigli, è diventata devastante». Va dritto al dunque Matteo Borra, titolare dell’azienda agricola (con spaccio aperto al pubblico) “La Frisona” che ha sede nel Parco Alto Milanese. L’invasione di conigli nell’area verde suddivisa sui territori di Legnano, Castellanza e Busto Arsizio colpisce in misura pesante coltivatori e allevatori. «Noi – spiega Borra a Malpensa24 – siamo dei testoni, lavoriamo perché ci piace farlo e farlo bene. E speriamo che il numero di questi animali si possa ridurre, ma non si fa mai nulla: una volta perché si mettono di mezzo gli animalisti, un’altra volta perché mancano i permessi della Provincia. Intanto loro continuano a riprodursi. Al punto che non possiamo più fare i raccolti».

Borra (La Frisona): «Raccolti impossibili»

Privi di predatori e al sicuro nel profondo delle loro tane, i conigli selvatici si sono riprodotti a dismisura. Un recente censimento ne ha contati nel Pam più di 4.000. E i danni prodotti alle colture, ma anche al patrimonio boschivo, sono ben visibili con la vegetazione ancora spoglia. Le aree boscate sono ridotte a un groviera di buchi e gallerie (nelle foto) al punto che il terreno frana sotto i piedi e diversi alberi sono pericolanti o già crollati al suolo. Mentre nei campi coltivati gli animali, oltre a scavare nel terreno, si nutrono di tutto quello che trovano, compresi germogli e colture un tempo ignorate.

«In questo caso sono gli animali che stanno cacciando l’uomo» la butta lì Matteo Borra. Che spiega: «La nostra è un’attività zootecnica, quindi abbiamo prati di colture come erba medica, per ricavare fieno con cui foraggiare le mucche da latte, e cereali da granella come frumento e segale, per altri animali come polli e vitelli da ingrasso. Dei 15-18 ettari a cereali, una volta gli animali selvatici mangiavano i contorni, ora invece ci vanno dentro e li devastano. Essendo cresciuti a dismisura, mangiano tutto quello che trovano, perfino il sorgo, che prima evitavano: sono diventati di bocca buona. Per noi che amiamo questo lavoro, vedere i campi devastati la mattina è sconfortante».

Siccità e prezzi alle stelle

Con il prezzo del foraggio salito alle stelle e la siccità di questo inverno secchissimo, per l’azienda la situazione si è fatta economicamente insostenibile. «Da alcuni anni non rinnovo più l’affitto dei terreni a mano che mano che scadono. L’unica soluzione è cercare altri terreni fuori dal parco, per mantenere la produzione di foraggio ma anche per altre attività, come smaltire i liquami. Se in passato alternando le colture riuscivamo a lavorare i campi in tutti i mesi dell’anno, ora riusciamo a farlo per 9 mesi e per il fieno ancora meno. Non piove da mesi, e questo ha impedito di piantare alcune colture».

Fra i costi bisogna mettere in conto l’affitto delle terre, l’acquisto di sementi e di concimi, oltre ai macchinari. «I danni degli animali alle colture – prosegue Borra – impediscono i raccolti nella misura del 20%. Già nel 2019 un agronomo aveva stimato 11.000 euro in meno di guadagno. Io ho anche dei boschi, ma stanno mangiando pure quelli».

«Almeno l’Ente Parco ora ci ascolta»

Quali soluzioni intravede? «Lavoro 76 ettari di terreno, di cui 40 nel parco. Recintarli è impossibile per via dei permessi. E quest’anno ormai non si fa più in tempo a cacciare con i furetti e a catturare i conigli con le reti, perché in tana ci sono già i piccoli. Io non ce l’ho con i conigli, ma è difficile trovare una soluzione che salvi capra e cavoli. C’è chi ha proposto di toglierli solo da alcune zone del parco, ma chi può garantire che quelli rimasti poi non si spostino?».

Almeno una consolazione, il titolare della “Frisona” riesce a trovarla. «Con la nuova presidenza dell’Ente Parco mi sono sentito per la prima volta tutelato. Non so fino a che punto il Parco possa fare qualcosa, perché la gestione del problema spetta alla Provincia di Varese e a quella di Milano. Ma il presidente Davide Turri si è dato da fare per portare alla luce il problema e cercare di risolverlo ascoltando tutte le parti, cosa che i predecessori non hanno mai fatto. E con il suo censimento il faunista Carlo Lombardi ha fatto un gran bel lavoro, anche se il numero di conigli che ha ricavato è sottostimato perché è stato calcolato solo su un anno. Ma ha centrato il punto».

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