Sanità pubblica da migliorare, Cgil Varese spiega come e “chiama” la Regione

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VARESE – In vista della convocazione, richiesta da Cgil Cisl Uil regionali, di un Tavolo permanente sulla Sanità lombarda da parte di Regione Lombardia, i sindacati hanno avanzato una ricca serie di proposte con l’obiettivo quello di avvicinare il Servizio sanitario ai bisogni dei cittadini.

Stefania Filetti, Segretario Generale della CGIL di Varese, dichiara: “L’attuale emergenza sanitaria, rafforza la necessità di potenziare l’offerta sanitaria e sociosanitaria anche nel nostro territorio, apportando risorse aggiuntive al Fondo sanitario regionale, anche attraverso il sostegno delle risorse economiche che l’Unione Europea mette a disposizione per la spesa sanitaria”.

“L’attuale situazione pandemica, ben lontana dall’essere superata – sottolinea il Segretario generale Cgil Varese Filetti -, va affrontata redigendo un piano Regionale per la Pandemia, tuttora inesistente, vanno garantite le assunzioni di Medici, infermieri da destinare al rafforzamento della sorveglianza sanitaria e un’indagine epidemologica da impiegare in ogni territorio. Vanno potenziati i servizi di medicina del lavoro per verificare l’applicazione dei protocolli di sicurezza aziendale”.

Conclude Filetti: “Dopo anni di ‘abbandono’ della sanità territoriale, dobbiamo ripartire da nuovi modelli che avvicinino di più il servizio sanitario al domicilio del paziente, con interventi urgenti che realizzino servizi al di fuori delle strutture ospedaliere. Va ridefinito e potenziato il ruolo dei MMG (Medici di medicina generale) che sono la prima sentinella in caso di pandemia e sono strettamente collegati ai bisogni dei cittadini, vanno potenziati e resi accessibili in diverse fasce della giornata”.

Per il Segretario generale Spi Cgil di Varese, Dino Zampieri, è necessario “superare limiti e criticità del sistema sociosanitario lombardo che il sindacato confederale unitariamente ha evidenziato nel corso degli anni e che si sono prepotentemente palesate nel corso dell’emergenza sanitaria da Covid19”.

Nella fase post-emergenziale, sul territorio, è necessario, per Zampieri, intensificare la sorveglianza attiva e il tracciamento dei contatti; preparare la campagna di vaccinazione anti-influenzale. Nelle strutture del sistema sanitario, sociosanitario e sociale, invece, occorre verificare e mantenere vigilati i percorsi differenziati di accesso e gestione di positivi o potenziali tali. Nei luoghi di lavoro, va monitorato il rispetto dell’applicazione dei protocolli di sicurezza. Vanno poi ricostruite le fondamenta di sistema.

Continua Zampieri: “Lo si può fare partendo dai Distretti, oggi ridotti a una semplice istituzione formale, con un approccio di sanità pubblica che li vede, insieme al Dipartimento di prevenzione e all’Ospedale, un punto di forza del nostro sistema salute. Fondamentale è la partecipazione del tessuto sociale e istituzionale tramite i Distretti, e pensiamo agli enti locali, all’associazionismo e al terzo settore, per ricostruire la comunità territoriale per la salute dei cittadini”.

Nuove sfide impongono nuovi modelli, e dunque è necessario anche potenziare l’assistenza domiciliare e attivare l’infermiere di comunità. In senso lato, conclude Zampieri “vanno sviluppati servizi territoriali di presa in carico della cronicità, servizi ambulatoriali e di telemedicina e tecnoassistenza, integrandoli con i servizi sociosanitari e sociali”. Centrale resta poi la questione della non autosufficienza, a cui i Sindacati Pensionati hanno da tempo posto grande attenzione.

Come sottolinea Gianna Moretto, Segretario Generale Funzione Pubblica, più in generale va ripensato “l’ospedale”: “L’epidemia ha imposto uno straordinario e immediato incremento delle attività in regime di ricovero in terapia intensiva e in area di assistenza ad alta intensità di cure. Le risorse economiche e umane impiegate vanno aumentate, per mettere in sicurezza il sistema in caso della temuta ondata pandemica di ritorno. Da ripensare l’accesso al Pronto Soccorso, inteso come un vero e proprio reparto con posti letto dedicati di ‘osservazione breve intensiva’. Un reparto connesso con posti letto per acuti, servizi territoriali di continuità assistenziale, come POT (Presidi ospedalieri sanitari), PreSST (Presidi socio-sanitari territoriali) e posti letto sub acuti”.

Per completare una riforma che riassegni al territorio la continuità assistenziale, e non scaricare sulle famiglie servizi che competono al servizio sanitario, continua Moretto, “è necessario coordinare gli accessi e le dimissioni con i servizi di medicina territoriale, coinvolgendo i MMG, determinando i numeri dei posti letto, individuando i POT e i PreSST ove ricoverare pazienti cronici o con pluripatologie e anziani, per facilitare il reintegro domiciliare, tali presidi sanitari devono essere distribuiti in modo omogeneo nel territorio”.

Per Gianna Moretto “nessuna riforma, manutenzione, della legge regionale 23/15 potrebbe avere esiti positivi senza il potenziamento degli organici, troppo spesso trascurati negli ultimi anni. A Varese c’è un malessere causato da carico di lavoro che la direzione continua a sottovalutare dichiarando che ha assunto in modo sufficiente, ma di fatto nega la realtà perché se con le stesse persone, già insufficienti, apri più servizi è ovvio che i lavoratori sono costretti a turni gravosi di reperibilità, non possono fare le ferie, accumulano ferie e ore. La cosa più grave è poi la non valorizzazione dei giovani: per fare un esempio gli specializzandi che hanno lavorato nei reparti covid come i colleghi non hanno preso il premio dalla Regione. Non solo non è giusto, è assurdo. Inoltre andrebbero integrate nel sistema sanitario le figure di medici igienisti, medici del lavoro, medici internisti, e di medicina generale. Bisogna procedere rapidamente alla specializzazione di figure infermieristiche, nello specifico l’infermiere di famiglia/ comunità e l’attivazione degli Operatori Socio-Sanitari territoriali e alla loro assunzione”.

Il Segretario generale Cgil Fp conclude: “E’ necessaria una riflessione sulle scelte di oggi che incideranno sul futuro non lontano. Pensiamo all’errore di aver portato la riabilitazione in centri lontani da Varese, e adesso pagarla cara e non avere una alternativa pubblica, ‘sospendendo’ le attività dell’0spedale di Cuasso. La sanità privata fa guadagni miliardari e può pagare meglio i medici e sono al 90% soldi pubblici, mentre le cooperative sociali hanno rinnovato i contratti di lavoro con i loro soldi. Dopo 14 anni Aiop e Aris hanno firmato l’ipotesi di rinnovo contrattuale perché le Regioni sosterranno parte dell’aumento, e dopo un mese non firmano il definitivo perché chiedono di più. Siamo insomma sotto ricatto: hanno sostituito il pubblico, li dobbiamo pagare di più, e cosi firmiamo la nostra condanna. Adesso sembra che possiamo scegliere se farci curare nel privato o nel pubblico, come se fosse uguale, ma non lo è. Costa di più a tutti e tra pochi anni non potremo scegliere e si cureranno solo quelli che possono”.

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