Parla Loschiavo: «No alle polemiche. E basta dossi. Il Metrobus? Ora o mai più»

BUSTO ARSIZIO – «Le polemiche? Non mi interessano, quel che conta è lavorare per la città. La discontinuità è nel PUMS, e la rivoluzione è una visione di città nuova». L’assessore alla mobilità Salvatore Loschiavo passa oltre alle frecciatine del suo predecessore Max Rogora e guarda agli obiettivi da raggiungere. «Una miglior qualità della vita. E un salto di qualità del trasporto pubblico». Con il sogno del BRT, il cosiddetto “Metrobus”, da inseguire per tramutarlo in realtà: «Il momento, con il PNRR, è quello giusto. Ora o mai più». Tra le novità, niente più dossi, se non come ultima opzione: «Nessuna crociata contro gli attraversamenti pedonali rialzati, ma andremo ad utilizzare altri strumenti per ridurre la velocità delle auto».

Da un suo post sulla “politica dei fatti” e la “politica delle chiacchiere” è nato un caso politico. Vuole rispondere a Rogora?
La politica non deve basarsi sui personalismi: non ci sono diritti di proprietà su quello che si fa e sui risultati che si ottengono. La cosa importante è lavorare per la città, ed è quello che stiamo facendo. Siamo soddisfatti, ma dobbiamo andare oltre e raggiungere i veri obiettivi. Il resto è polemica sterile, che voglio lasciare da parte.

La viabilità però è un tema che tende a dividere, ormai lo avrà toccato con mano….
Questo assessorato è alla mobilità. La discontinuità è evidente: oggi ci occupiamo di mobilità e non più esclusivamente di viabilità. In che modo? Intervenendo tendenzialmente non a spot, se non in caso di necessità per risolvere problematiche contingenti, ma sempre in maniera globale, avendo come riferimento un quartiere o una parte consistente di esso. Lo abbiamo fatto a Beata Giuliana, ancora in corso: è l’esempio di un intervento globale, ragionato, sulla base di un progetto, non improvvisato, ed è la famosa “zona 30”, con accorgimenti nuovi per la città, come le bici che possono circolare in senso inverso rispetto al senso unico delle automobili. Ma anche sul viale Diaz: l’intervento su via Machiavelli era pendente da tempo, ma una volta attuato ci ha “costretti” a intervenire su via Verri e Orrù, perché l’obiettivo è incanalare in maniera meno pericolosa le immissioni sul viale. Oppure via Bonghi. In tantissimi ci chiedono di intervenire sulla via Galvani, rimasta a metà, oppure sul quartiere Sant’Edoardo. Ma siccome l’ottica è globale e di respiro, sarebbe insufficiente intervenire su una singola via. La città si rivoluziona con una strategia chiara, imprimendo una direzione, non con una rotonda e due sensi unici.

Se il PUMS è il quadro generale, significa che bisognerà tenere duro ancora fino alla sua adozione? Bisogna tenere duro, ma alcuni interventi li stiamo già facendo. Sul PUMS si è conclusa la prima parte partecipativa, e sono già emerse criticità, necessità e suggerimenti, come il tema degli accessi commerciali nella ZTL, su cui dobbiamo trovare una soluzione. Ma il cronoprogramma ad oggi è ampiamente rispettato. L’attesa sarà davvero di pochi mesi: un sacrificio verso l’obiettivo di una città nuova, diversa, con una migliore strutturazione degli spazi e una migliore qualità della vita. Che è poi l’obiettivo finale, mentre la mobilità è un driver, uno strumento.

Che tempistiche possiamo aspettarci?
Adozione in giunta entro fine anno. E potremmo fermarci lì, ma vogliamo approvarlo in consiglio comunale per garantire la più ampia partecipazione. Auspicabilmente entro febbraio 2024. Potevamo anche non farlo del tutto il PUMS, obbligatorio solo per le città con più di 100mila abitanti, invece lo consideriamo strategico, perché è lì la vera discontinuità. La visione di città è la rivoluzione.

Agli incontri nei quartieri però i cittadini chiedono i dossi contro le auto che sfrecciano…
La tendenza non è più quella. Nessuna crociata contro gli attraversamenti pedonali rialzati, che continueremo ad utilizzare dove risulteranno l’unico strumento tecnico per ridurre la velocità, ma ricorreremo ad altri strumenti, come il restringimento della carreggiata, la rivisitazione dei parcheggi, le chicanes, il cuscinetto berlinese, e sperimenteremo anche il parcheggio in senso inverso rispetto alla sede stradale, per ripartire con le auto non più in retromarcia ma con il muso in avanti, garantendo un’uscita molto più sicura soprattutto per le biciclette. E ancora, gli attraversamenti luminosi, stiamo andando ad installarne altri 7-8 sul viale della Gloria.

Le piste ciclabili sono un altro tema caldo, che mette in conflitto ciclisti e automobilisti. Andrete avanti nonostante le critiche, come in viale Sicilia e in via Magenta?
È un tema molto complicato. La prima priorità è stata di andare verso la chiusura dei circuiti, che è quello che mancava. Le piste esistono ma sono state via via dislocate in diverse zone e non collegate. Poi sono arrivate le nuove norme tecniche del ministero e in via Marco Polo ad esempio abbiamo stravolto il disegno della pista. E abbiamo elaborato il progetto di ricucitura, la “Gipadua”, 14 chilometri di piste ciclabili che seguono le nuove norme ma si scontrano con un limite culturale evidente. E capisco le critiche, del resto le regole sono nuove e da calare in una struttura urbana che non consente interventi radicali. Ma l’obiettivo è arrivare ad avere biciclette, pedoni e auto come utenti paritari della strada. E dopo il Pums arriverà il “biciplan”, un sistema complessivo in chiave di circuiti e di sistema.

Sul trasporto pubblico locale invece quando possiamo realisticamente aspettarci un salto di qualità?
È un tema decisivo per la città del futuro. Limitare l’auto privata è l’obiettivo, ma per farlo dobbiamo offrire un’alternativa. Che oggi non c’è, come diceva un ragazzo all’incontro del Museo del Tessile. Ora colleghiamo la stazione con Malpensafiere: non è una rivoluzione; ma una pezza. Era assurdo che la fiera ancora non fosse collegata al centro città. Dico di più: tutto il progetto di revisione delle linee urbane è già vecchio, all’epoca non lo era, ma ora non ha più senso vedere in giro quei “catafalchi” vuoti che inquinano e non rispondono alle esigenze concrete della cittadinanza. La rivoluzione è il Bus Rapid Transit: sembrava una suggestione buttata lì, ora dopo il convegno dei Molini Marzoli sta prendendo corpo, con una collaborazione quotidiana che si è instaurata tra i Comuni. Perché la grande sfida passa dal superamento dei confini di campanile.

Il cosiddetto “Metrobus” quindi sta facendo dei passi?
Abbiamo già steso delle bozze. Ora dobbiamo redigere un PUMS di area vasta e poi studiare un primo asse tra Gallarate, Busto Arsizio e Castellanza. Quella è la rivoluzione, lì dobbiamo arrivare. Stiamo correndo. E siamo in una fase storica che ci dà una possibilità – il PNRR, che ai comuni delle nostre dimensioni non ha ancora distribuito risorse – che, o sfruttiamo adesso, o forse non si riproporrà mai. Ma c’è anche Regione Lombardia, che ci ascolta e ci parla. Perché altrimenti potremmo anche aggiungere altre dieci fermate come quella di MalpensaFiere, o cambiare le linee, ma sarebbe sempre una pezza. E noi non dobbiamo mettere pezze ma pensare alla città del futuro.

Lo ritiene davvero fattibile, o hanno ragione quelli che pensano sia un’utopia irrealizzabile per Busto? Questa conurbazione è più grande di Brescia, che ha una metropolitana. Se a Brescia si può, perché a Città di Malpensa no? Io, che sono di formazione classica, dico “Fortuna adiuvat audaces”. E cito il mio predecessore Rogora, che a inizio mandato mi diceva di avere coraggio. Noi lo abbiamo nel senso etimologico del termine: ci stiamo mettendo cuore e passione, e uniti ad una congiuntura particolare coon il PNRR, potrebbero essere gli ingredienti perché tutto ciò non rimanga un sogno ma diventi realtà.

busto arsizio salvatore loschiavo – MALPENSA24