I furbetti del parlamento: fare soldi per fare soldi

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I politici non sono tutti uguali. Come nella quotidianità di noi comuni mortali, ce ne sono di corretti e altrettanti di scorretti. Sarebbe sbagliato generalizzare, pensando che un deputato o, appunto, un politico sia disonesto per definizione. Certo che leggendo dei cinque furbetti del parlamento che si sono fatti accreditare il bonus di 600 euro elargiti alle partite Iva per l’emergenza coronavirus, bè, viene spontaneo fare di ogni erba un fascio. Anche se sono soltanto cinque, ma sufficienti per confermare i peggior pensieri sulla casta, spesso al centro di vicende per nulla edificanti e, guarda un po’, da riferire o al malaffare o all’ingordigia.

Danèe par fa danèe, faceva dire Piero Chiara al protagonista di un suo racconto. Quanto è accaduto con il bonus in quel di Montecitorio è lo specchio di una categoria che, sempre senza generalizzare, non brilla per sobrietà. E più ne ha più ne vuole, in modo insaziabile al punto da ritoccare il già cospicuo emolumento di deputato che, tra una voce e l’altra, una diaria e un rimborso spese, supera di un bel po’ i 12mila euro netti al mese. Fare soldi per fare soldi, è il memorabile incipit di un articolo di Giorgio Bocca. Fare soldi senza ritegno. Per giunta grassando durante un momento tragico, sottraendo denaro a chi ne aveva davvero bisogno.

E non si dica che si è trattato di un disguido, come cercano di giustificare alcuni capi partito, nel tentativo di minimizzare l’accaduto. E non si cerchi di sottolineare che, in fondo, si tratta di una “mancia”, un gruzzoletto ininfluente rispetto a qualunque altra considerazione. Tranne una: l’aspetto etico e comportamentale. Verso il quale non c’è motivazione o piagnisteo che tenga. Benché viviamo in un Paese che trabocca di furbetti a ogni livello e, tra noi, è difficile trovare qualcuno sicuro di essere al di sopra di ogni sospetto. Sarebbe interessante conoscere quanti e quali cittadini per nulla indigenti hanno usufruito dei 600 euro. Domanda: ne avevano tutti bisogno? La legge li salva, le loro coscienze probabilmente no.

E allora, indigniamoci tutti per i cinque accattoni di Montecitorio, ma stiamo attenti a non trasformare un episodio da miserabili in un alibi collettivo. I politici che rubano, finanche quelli che hanno usato soldi pubblici per pagare il matrimonio della figlia o la scatola dei cioccolatini per l’amica, sono da condannare senza appello. Allo stesso modo dovremmo sussultare se qualcuno di noi posteggia indebitamente nello stallo riservato ai disabili. Non è la stessa cosa, si dirà. Vero, anche se, sotto sotto, i principi di scorrettezza si equivalgono e non lasciano spazio alle assoluzioni.

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