Se la paura corre più veloce del virus

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di Ivanoe Pellerin

Cari amici vicini e lontani, da quando qualcuno ha sospeso i nostri diritti costituzionali, il primo fra tutti la libertà, un pensiero continua a trafiggermi il cervello: noi non viviamo più perché abbiamo paura di morire. Abbiamo barattato la nostra vita di relazione, la nostra voglia di stare insieme, la nostra ben nota simpatica disponibilità all’accoglienza con una radicale interpretazione di sicurezza che nessuno può garantire. Certamente non la garantisce il lockdown come riferisce uno studio dell’Università di Stanford, pubblicato dall’ European Journal of Clinical Investigation.

È ben noto  che un illustre funzionario del Quirinale, devotissimo alla causa delle chiusure, schierato con la mascherina h 24 nelle ampie sale del palazzo presidenziale, distanziato dalle alte cariche istituzionali secondo i più rigidi criteri del ministero della Salute, con le scale su e giù per evitare l’ascensore, ambiente troppo piccolo e perciò pericoloso, ha contratto (ahi lui) la temibile infezione. Per fortuna in maniera piuttosto blanda e curabile con successo, ma le misure garantiste non l’hanno garantito per nulla. Un caso? Certo che sì! Una rondine non fa primavera, ma tuttavia … conferma che il virus fa un po’ quello che vuole e che la vita rivela sempre delle insidie.

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Ivanoe Pellerin

Torniamo al pensiero iniziale e riflettiamo su come ci siamo prontamente adattati agli arresti domiciliari. Conosco amici (sono certo anche voi) che non escono di casa neanche per il corretto passeggio intorno all’isolato e che, quando si recano al supermercato, si muniscono di guanti al lattice, anzi due, e inforcano la mascherina d’ordinanza, anzi due. Perché proteggono di più. Se devono recarsi in farmacia, nonostante gli occhiali necessari a non perdersi nei meandri del paese, si muniscono della visiera trasparente come nei laboratori di ricerca. Mi hanno anche chiesto dove si
possono reperire le tute integrali come quelle in uso nei reparti Covid. Per costoro la prudenza non è mai troppa!

Io credo che abbiamo perso, insieme alla libertà, anche il buon senso. Ha ragione Marcello Veneziani, giornalista, scrittore, filosofo, un intellettuale di spicco nel panorama italiano, quando scrive che la pandemia ha scatenato, come i cavalieri dell’apocalisse, le quattro moderne calamità: la paura della morte, della sofferenza, della vecchiaia e della solitudine. Abbiamo bandito il dolore e la sofferenza dalle nostre vite, come un’orribile sciagura. Ho passato un’intera vita professionale a combattere il dolore e ne ho una vivida dimensione, oltre ad una conoscenza scientifica. Ma la vita dell’uomo è impregnata di dolore che, a volte, ci insegna a crescere, a capire, a combattere.

Non il dolore stupido e incomprensibile, non quello che distrugge e umilia la vita, ma il dolore che indica la via, il cammino ed anche il limite. In molte popolazioni, da noi definite primitive, è proprio la prova dolorosa la strada della crescita, la via per diventare adulti, per esprimere finalmente la capacità di capire la vita. Mentre nella nostra cultura il dolore è sempre più un disvalore, in altre è ancora considerato un elemento positivo, un mezzo attraverso il quale l’uomo può migliorare il suo senso religioso, può acquisire una più elevata spiritualità, può dimostrare di essere coraggioso,
equilibrato, degno di generale considerazione.

Coloro che non hanno patito gli affanni della guerra, i lutti e la miseria, che non hanno faticato per ricostruire, ebbene costoro fuggono dal dolore e dalla sofferenza in ogni sua forma. Sono più fragili e meno disponibili a sopportare qualsiasi difficoltà. Ebbene finiscono per barattare la vita con la sopravvivenza, impiegano facilmente gli analgesici e gli ansiolitici, diventano fatalmente degli handicappati pur in piena salute. Alla fine scelgono una vita anestetizzata.

Abbiamo perso il buon senso. Allora le scuole ripartiranno dopo Pasqua anche in zona rossa. Ma mi chiedo, perché le riapriamo dopo Pasqua se le abbiamo chiuse fino ad ora? Qual è il criterio? Se la zona rossa è oggi e anche domani perché oggi sono chiuse e domani no? Perché non abbiamo tenuto i ragazzi a scuola e li abbiamo mandati in DAD (che vuol dire davanti al computer) dal momento che i dati ai quali ci appendono gli scienziati sono pessimi oggi, lo erano ieri e, a sentire il CTS, saranno pessimi anche domani? Allora se il criterio è politico, perché chiudere? La paura?

Ancora, i furbetti del vaccino. Un milione, secondo Bechis direttore del Tempo, sono coloro che hanno ricevuto il vaccino non essendo operatori della scuola, della sanità, non essendo persone fragili e neanche ultraottantenni. In Toscana pare abbiano vaccinato giudici, avvocati e dintorni. A parte l’evidente gioco di potere, di chi è la responsabilità per questo scandalo? Draghi ha dato la colpa alle regioni e le regioni hanno scaricato la colpa sulla confusione e sulla cattiva informazione. La paura?

Cari amici vicini e lontani, mi pare chiara una sola cosa: la paura corre veloce e noi tutti, terrorizzati, non sappiamo più cosa fare e più grave, non sappiamo più affrontare la vita.

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