Scalata al Colle: la nuova liturgia

Quirinale presidente repubblica lodi

di Massimo Lodi 

Game over. Il presidente della Repubblica si nega al raddoppio. Dice agli studenti dell’Università della Sapienza: tra poche settimane lascio l’incarico. Chiaro/perentorio. Esclusi dietrofront da ultima ora, bisogna pensare al cambio. Vien meno l’aspettativa di Letta (avanti con Draghi a Chigi e Mattarella al Quirinale), si fa più solida l’ipotesi di Renzi trattativista con Lega, Forza Italia e Fratelli. Il Pd, che l’ha scaricato con leggerezza, è in ambasce. Idem i grillini.

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Massimo Lodi

Alla sinistra mancano i numeri per piazzare il suo preferito. Alla destra mancano i nomi, essendo quello di Berlusconi divisivo nel suo medesimo campo. Il fantasismo di Renzi serve: la storia, al netto d’antipatie/moralismi, insegna quanto ne sia provvisto. Sul Colle s’arrampicherà chi: 1) proponga un presente istituzionale edulcorato da trascorsi schieramenti di parte; 2) riscuota attestati bipartisan sulla capacità di mediazione; 3) garantisca il perpetuarsi della legislatura per dare agio al premier di continuare il lavoro.

A chiedere l’anticipo del voto è solo la Meloni. Non la Lega, con dispiacere di Salvini. Né alcun altro. Tantomeno l’esercito trasversale dei peones. Maldisposti alla rinunzia d’un anno e più di prebende, oltre che sicuri, in gran parte, di non essere rieletti. Solo un capo dello Stato sorretto da largo sostegno -e “tutor” di Draghi al modo di Mattarella- potrebbe evitare il Vietnam a Montecitorio e Palazzo Madama e traguardare le politiche 2023. Sic stantibus rebus, s’annunciano in rialzo le quotazioni di Casini e Amato. Il secondo -scelto dal Cavaliere nel 2015, poi scartato da Renzi- mira alla presidenza della Corte costituzionale, adoperandosi a ricucire un “pedigree” super partes; il primo, smagato nel tessere acrobatiche intese ed ex presidente della Camera, è un artista del compromesso di scuola democristiana. Tra i due, favorito nella scalata il grimpeur Casini. Renzi, che gli dichiara stima, si tiene come carta di riserva/asso pigliatutto Gentiloni, reincontrato di recente dopo quattro anni in freddo. Però il commissario europeo all’Economia è targato Pd, una sigla che nella circolazione di destra incrocia molti sensi vietati.

Domanda: è così importante Renzi? Risposta: lo è. Conta il 2 per cento nei sondaggi, ma dispone d’una quarantina di deputati e senatori che possono fare la differenza nel caso in cui s’arrivi alla quarta chiama delle Camere riunite (maggioranza assoluta, 50+1). Rilievo che induce -dovrebbe indurre- la sinistra a patteggiare col fronte opposto, specialmente in presenza d’un governo di semiunità nazionale. Se la strategia sarà questa, rivedremo il profilo dello scudo crociato nella più alta istituzione del Paese. Altro che “ne bis in idem”, non due volte per la stessa cosa. La Dc e i suoi epigoni son lì da millanta volte, smentendo l’antico assunto. E senza nemmeno l’obbligo liturgico, com’era un tempo, d’impetrare il sostegno felpato del Vaticano per introdursi nell’ex dimora dei Papi. Oggi la Chiesa di Bergoglio si tiene distante dalle chiese della partitocrazia, di cui spesso non riesce a individuare né il pulpito né il celebrante né il messale. 

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